Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Meno tamponi per riaprire» Zaia s’infuria e contesta i dati
Lo studio della Fondazione Gimbe lancia sospetti Intanto la Regione acquista 1,3 milioni di vaccini
VENEZIA Anche il Veneto, diventato un modello nella gestione dell’emergenza coronavirus grazie al massiccio ricorso ai tamponi, finisce nella polemica aperta dalla Fondazione Gimbe, secondo cui in concomitanza dell’avvio della «Fase 2» e della «Fase 3» le Regioni avrebbero drasticamente diminuito il numero dei test, riducendo di conseguenza il numero dei positivi.
«Abbiamo valutato il trend dei tamponi totali e di quelli diagnostici effettuati dal 23 aprile, ed esaminato l’attitudine delle Regioni all’esecuzione dei tamponi diagnostici nelle ultime due settimane - spiega il professor Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, fondazione indipendente che si occupa di sanità -. Esaminando il periodo 23 aprile10 giugno, il trend dei tamponi totali risulta in picchiata libera nelle ultime 2 settimane (complessivamente -12,6%). Il trend dei tamponi diagnostici è crollato del 20,7% in prossimità delle riaperture del 4 maggio, per poi risalire e precipitare nuovamente del 18,1% in vista delle riaperture del 3 giugno. Nell’ultima settimana si assiste a un lieve rialzo (+4,6%)».
Dall’analisi, secondo la fondazione, emergerebbero alcune «ragionevoli certezze». Innanzitutto «il numero dei tamponi diagnostici, finalizzati all’identificazione di nuovi casi, è calato drasticamente alla vigilia delle due riaperture del Paese del 4 maggio e del 3 giugno»; e poi «proprio le Regioni con una circolazione del virus ancora sostenuta nell’ultima settimana hanno ulteriormente ridotto i tamponi diagnostici invece di potenziarli». In particolare, secondo l’elaborazione di Gimbe Lombardia, Veneto e Campania avrebbero registrato ognuna un calo superiore ai duemila tamponi (-2.145 il Veneto), piazzandosi in coda alla classifica nazionale. Conclude Cartabellotta: «L’attività di testing finalizzata all’identificazione dei nuovi casi, alla tracciatura dei contatti e a loro isolamento continua a non essere una priorità per molte Regioni: purtroppo, nella gestione di questa fase dell’epidemia, in particolare dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia delle 3T (Testare, Tracciare, Trattare, ndr.) non è adeguata».
Una ricostruzione fortemente contestata dal governatore Luca Zaia, che parla di «calunnia da denuncia penale» con riferimento all’ipotizzata relazione tra il calo dei tamponi e l’avvio delle riaperture. «Il nostro piano di prevenzione non è stato minimamente modificato - spiega probabilmente la riduzione dei tamponi è dettata dal fatto che il virus sta scomparendo e quindi, diminuendo i contagiati, diminuiscono pure i tamponi fatti, ad esempio, ai loro famigliari e ai loro contatti stretti». Nel pomeriggio Palazzo Balbi ha quindi diffuso un contro-dossier secondo cui l’incremento medio giornaliero dei tamponi nel periodo 25 aprile-6 giugno rispetto ai due mesi precedenti sarebbe stato del 103%, con una media di 10.172 tamponi al giorno contro 5.013. I tamponi processati e accompagnati dall’esito sono, ad oggi, 780.786. «Risulta incomprensibile la modalità di calcolo con la quale la Fondazione Gimbe sia giunta alle sue conclusioni, che non corrispondono alla realtà» la conclusione della Regione.
Detto della polemica, il report di ieri consegna 5 soli nuovi casi positivi (da 19.194 a 19.199), nessun ricoverato in terapia intensiva e due decessi (da 1.964 a 1.966), oltre alla notizia dell’aggiudicazione dell’appalto da 8,3 milioni di euro per il vaccino anti-influenzale con numeri di molto superiori all’anno scorso: nel 2019 furono infatti acquistate
103 per cento
È l’aumento dei tamponi (media giornaliera) registrato a maggio e giugno in Veneto rispetto al periodo marzo-aprile
780 mila
Il numero dei tamponi refertati fino ad oggi dalla Regione Veneto. Secondo posto per numeri assoluti dopo la Lombardia
La giornata
Due i decessi, cinque i nuovi contagiati ma nessuno ricoverato in Rianimazione
864 mila dosi, quest’anno 1 milione 306 mila (con un possibile aumento a 1 milione 567 mila nel caso in cui ve ne fosse la necessità). «Sia
mo la prima Regione d’italia ad aver chiuso la gara - dice Zaia - e anche se in Veneto il vaccino non è obbligatorio, noi lo raccomandiamo». L’obiettivo è arrivare all’80% di copertura per gli over 60 e al 50% per la fascia 6 mesi-9 anni, vaccinare tutti gli operatori sanitari e gli ospiti delle case di riposo, ampliando anche l’offerta del vaccino anti-pneumococcico. «La campagna potrà partire da fine agosto».
Intanto pare avviarsi a soluzione la querelle sull’apertura del corso di laurea in medicina a Treviso, con la costituzione di un tavolo di mediazione a Roma che dovrebbe portare al ritiro dell’impugnativa decisa dal governo davanti alla Corte costituzionale: «Ci auguriamo di trovare una soluzione prima del 16, anche perché penso che i tribunali abbiano ben altro da fare. Noi non siamo guerrafondai - assicura Zaia - ma trovo assurdo che si debba andare alla Consulta, anche perché a Treviso sono già 8 i reparti che accolgono gli specializzandi e presto sarà concluso il nuovo ospedale da mille posti, di fatto una clinica universitaria».
Continua, infine, il lavoro sulle linee guida (anche ieri si è tenuta una Conferenza delle Regioni sul tema). Il governo potrebbe emanare presto quelle per i nidi 0-3 anni, «uguali a quelle già predisposte da noi» chiosa l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin, mentre si complica la strada per il settore dello spettacolo per il quale, riferisce Zaia, Palazzo Chigi penserebbe di posticipare la riapertura addirittura a metà luglio.