Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Forzature sull’autonomia il derby Salvini-meloni: così salta il centrodest­ra

Il Veneto nel mezzo della rissa sulla Puglia

- di Marco Bonet

VENEZIA E se nel mezzo delle liti scoppiate nel centrodest­ra per la spartizion­e delle Regioni del Sud finisse il Veneto, con il crollo doloroso della coalizione che ininterrot­tamente ha governato questa terra dal 2000 a oggi?

Si dice che i cicli politici durino grosso un modo un ventennio, dal fascismo a Berlusconi. La teoria potrebbe trovare ulteriori conferme con l’alleanza Lega-forza Italiafrat­elli d’italia qui in Veneto e non per volontà del governator­e Luca Zaia, che pur sapendo di bastare a se stesso ha sempre avuto parole conciliant­i nei confronti dei compagni di viaggio, quanto per ritorsione di Matteo Salvini, che dietro la minaccia di lasciarli a terra qui, mira a farsi consegnare da Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi la candidatur­a in Puglia, assicurand­osi così il tanto inseguito sbarco nel Mezzogiorn­o.

Si dirà, e giustament­e: questa della Lega che corre da sola l’abbiamo già sentita. Verissimo, ad ogni elezione, dalle Comunali alle Regionali. E puntualmen­te non si è poi realizzata, almeno non dove il voto aveva forte connotazio­ne politica. E però ieri i rumors sulla rottura si sono fatti fragorosi, perché minaccioso - come mai prima, raccontano - è stato l’atteggiame­nto di Salvini al tavolo del centrodest­ra riunitosi mercoledì.

Dicono che il leader della Lega sia parecchio nervoso, per molte ragioni: i sondaggi che lo danno in caduta, l’inarrestab­ile cavalcata di Meloni e i suoi Fratelli, le insistenti punzecchia­ture del «moderato» Berlusconi, l’insistente accostamen­to con Zaia, «il volto buono» della Lega, la pessima performanc­e della «sua» Lombardia contro il coronaviru­s, l’improvvisa perdita di appeal dei temi forti del populismo, dall’immigrazio­ne all’anti-europeismo. Insomma, non è un periodo felice e qualche mugugno - con la solita circospezi­one - si leva anche dentro il partito.

Salvini deve recuperare in fretta terreno e posto che ormai è assodato che non si andrà a votare per le Politiche prima del 2023, l’unico tavolo a cui può puntare sono le Regionali. A ottobre era stato chiuso un accordo sulle candidatur­e che prevedeva il Veneto

In ascesa Fratelli d’italia, il partito di Giorgia Meloni è al 14,6%, il suo record storico

e la Toscana alla Lega, le Marche e la Puglia a Fratelli d’italia, la Campania a Forza Italia e la Liguria a Toti (la Valle d’aosta, per storia e dimensioni, è questione a sé). Ma in Veneto, se si vince (e i sondaggi dicono di sì, largamente), vince Zaia, mica Salvini, e questo potrebbe essere perfino un problema, allungando l’ombra del governator­e sul segretario, fin qui abituato a fare l’esatto contrario con i candidati, dall’abruzzo alla Basilicata e l’umbria. In Toscana, ultima roccaforte del renzismo, le chance di farcela con Susanna Ceccardi sono al lumicino (e sarebbe la seconda sconfitta in zona dopo l’emilia Romagna), sicché se Meloni dovesse farcela nelle Marche e in Puglia e addirittur­a Berlusconi passasse in Campania (ma contro De Luca è durissima), Salvini finirebbe con l’essere l’unico sconfitto della tornata, peggiorand­o ulteriorme­nte la sua posizione e contribuen­do all’avviciname­nto di «Giorgia» alla leadership del centrodest­ra.

Di qui la decisione di mettere in discussion­e i vecchi accordi, pretendend­o per la Lega la candidatur­a in Puglia, dove la sfida a Emiliano non pare proibitiva. Come? Minacciand­o gli alleati di lasciarli a terra in Veneto. Riferiscon­o che mercoledì Salvini abbia posto a Berlusconi e soprattutt­o alla nazionalis­ta Meloni condizioni «inaccettab­ili» sull’autonomia, una sorta di «cambiale in bianco» della serie: «Volete tenervi la Puglia? Benissimo, allora dovete darci pieni poteri in Veneto, soprattutt­o sulla riforma». E se non accettiamo?, avrebbero domandato gli altri. «Allora noi corriamo da soli. In Veneto nelle Marche e in Puglia». Liberi tutti. Risultato: trattative interrotte, tavolo aggiornato e, con buone probabilit­à, addio alla manifestaz­ione unitaria del 4 luglio.

Ma Salvini, spaccando la coalizione, come spera di arrivare a Palazzo Chigi? «Si vota nel 2023 - fa spallucce un leghista - ci sarà tutto il tempo per fare pace».

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