Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Operatori sequestrati, Salvini attacca Un altro positivo, rivolta all’hub dei migranti Scontro politico
Sindaco e prefetto chiedono chiarezza alla coop che gestisce la caserma Serena: «Com’è potuto accadere?»
Migranti in rivolta all’ex caserma «Serena» di Treviso: dopo la scoperta di un nuovo caso positivo al Covid 19, ieri mattina i richiedenti asilo hanno sequestrato medici e operatori. La protesta è rientrata dopo l’intervento della polizia. Salvini attacca.
Due giorni, due rivolte. Il tema di più forte dibattito degli anni scorsi, quello dell’immigrazione e degli hub per accogliere i profughi, si mescola con il tema più attuale e urgente, l’emergenza sanitaria. La seconda positività al Covid all’interno della caserma Serena al confine fra Treviso e Casier fa scoppiare tensioni, con i richiedenti asilo che protestano prima per i tamponi, poi per l’isolamento.
Ieri mattina hanno minacciato e sequestrato una decina di operatori dell’usl 2 e della cooperativa che gestisce la struttura, barricandosi all’interno, inscenando una vera e propria guerra a distanza con le forze dell’ordine in tenuta antisommossa che sono accorse in formazioni massicce per governare una situazione potenzialmente esplosiva. È una polveriera da anni, la Serena, con trecentotrenta ospiti, e il Covid è diventato la miccia.
Giovedì mattina il primo episodio: una trentina di ragazzi africani ha protestato perché un operatore di Nova Facility, pachistano, era risultato positivo al virus costringendo tutti a sottoporsi al tampone (era rientrato dal paese d’origine con la febbre ma era tornato al lavoro e a dormire in caserma), con obbligo di isolamento fino all’esito dei test. Dopo mesi di quarantena, per di più in una struttura che vivono come una prigione, sembrava un sacrificio troppo grande. Sono stati convinti dai mediatori, dalle forze di polizia, dall’usl e dai due sindaci a sottoporsi alle analisi dopo una mattinata di trattative. L’azienda sanitaria ha fatto quindi 349 tamponi a profughi e operatori culturali residenti e gli esiti sono arrivati ieri mattina: un altro positivo, un 34enne nigeriano poi ricoverato in malattie infettive. E qui si innesca il problema: altri due nigeriani pur essendo negativi hanno evidenziato sintomi e sono stati isolati. Per tutti i 330 ospiti è quindi iniziata a titolo precauzionale la quarantena. I trenta rivoltosi di giovedì hanno perso la testa. Quando alle 9.30 i sanitari sono entrati per gli ultimi nove tamponi, studiare la logistica degli spazi e trasferire i due sospetti malati, gli altri hanno chiuso i cancelli impedendo a chiunque di uscire e hanno preso possesso della Serena mentre medici e operatori di Nova Facility, minacciati dai ribelli, si chiudevano in guardiola, sostanzialmente sequestrati. Un medico è stato spinto a terra, non si è fatto niente ma il rischio era altissimo.
La viabilità attorno alla caserma è stata completamente bloccata per lasciare spazio alle operazioni di sicurezza, costringendo veicoli e bus a lunghe deviazioni. Le forze di polizia sono entrate per liberare gli operatori e lì è cominciata la trattativa, durata quasi fino alle due. Uomini pronti a intervenire, armati e protetti di tutto punto: vigili del fuoco, questura, carabinieri, polizia locale. «Dovete farci entrare, parliamo», chiedevano gli agenti. Ma da dentro solo grida. Nulla si è mosso fino a mezzogiorno:
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Il prefetto La percezione che il virus sia entrato da fuori, attraverso un operatore in modo inaspettato, non è accettabile: non doveva succedere
I sanitari
Medici e operatori della coop si sono chiusi in guardiola. Un medico è stato spinto a terra
in quel momento i cancelli sono stati aperti, alcuni poliziotti, mediatori e il presidente di Nova Facility sono entrati per trovare una soluzione.
Fuori infuriava la polemica, la storia ha fatto subito il giro della città, la notizia si è diffusa in tutta la regione, con le forze più estreme della destra che chiedono provvedimenti duri. I ragazzi si sentivano prigionieri della caserma, dicevano di non voler passare altri 14 giorni rinchiusi, di dover tornare a lavorare, non volevano cedere.
Le istituzioni hanno atteso, l’uso della forza non era indicato in quella situazione, bisognava trovare un modo per uscirne senza che nessuno si facesse male. Poco prima delle due anche gli ultimi agenti si sono ritirati, i sindaci di Treviso e Casier sono rientrati, la situazione si è normalizzata. Eppure anche giovedì sembrava che si fosse risolta bene, e ieri è perfino peggiorata.
Ma ora la Serena torna ad essere un problema per Treviso e nel mirino finisce Nova Facility perché il primo positivo era rientrato a fine maggio dal Pakistan senza fare controlli, finendo subito alla distribuzione pasti. «Nova Facility ci deve delle spiegazioni, ci sono delle responsabilità da verificare – dice il sindaco di Treviso Mario Conte -. I disordini sono un errore degli ospiti ma se c’è un vizio nei protocolli sanitari non rispettati vogliamo saperlo. Un operatore è rientrato in servizio dall’estero senza test, con febbre e virus, è un tema che a livello nazionale va affrontato. Sul caso Serena chiederò un incontro al prefetto per capire cosa si intende fare della struttura. Il tempo è scaduto, credo che queste persone non debbano più stare qui».
Ma il prefetto Maria Rosaria Laganà si è già mossa: «Ho chiesto verifiche su quanto successo e sulle misure che non hanno funzionato, anche perché nella nostra provincia il contagio è estremamente circoscritto, con valori bassissimi. Qualche facinoroso ha creato tensioni da fronteggiare ma, ora che possiamo escludere un focolaio, ho chiesto formalmente una dettagliata relazione alla società. Dobbiamo capire come sia avvenuto questo grave episodio, la percezione che il virus sia entrato da fuori, attraverso un operatore in modo così inaspettato, non è accettabile. Non doveva succedere».