Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«L’operatore ha nascosto per giorni i sintomi del Covid 19»

I gestori del centro profughi «Ha messo tutti in pericolo»

- Priante

L’operatore di origini pachistane che per primo è risultato positivo al Covid 19 all’interno del centro di accoglienz­a per richiedent­i asilo di Treviso, avrebbe nascosto i sintomi dell’infezione assumendo antipireti­ci di nascosto. L’uomo è stato quindi denunciato dalla società che ha in gestione l’hub.

Il «paziente 0» dell’ex caserma Serena è un operatore pakistano addetto alla raccolta dei rifiuti, che ora è ricoverato nel reparto Malattie infettive dell’ospedale di Treviso. Ha la febbre ma, almeno per ora, non sembra soffrire di problemi respirator­i.

Da quando, tre giorni fa, si è scoperto che il suo tampone era risultato positivo al Covid 19, all’interno del centro di accoglienz­a per richiedent­i asilo è scoppiato il finimondo. Giovedì i profughi hanno occupato per alcune ore la struttura, e il giorno successivo hanno perfino sequestrat­o una decina tra operatori e medici dell’usl giunti per mettere in isolamento un nigeriano contagiato e altri sei ospiti che, pur risultando negativi ai test, erano entrati in contatto diretto con i due malati.

Ieri l’ex base dell’esercito era avvolta da un silenzio carico di tensione. I rivoltosi sanno che rischiano grosso, e la polizia ha iniziato a sentire vittime e testimoni di quanto accaduto. Il primo a essere ascoltato dagli investigat­ori è stato Gianlorenz­o Marinese, il presidente della Nova Facilty, che gestisce l’hub: ha parlato per sei ore, ricostruen­do non solo le modalità della sommossa ma anche i motivi che l’hanno scatenata. E al centro di tutto, c’è proprio questo pakistano che ieri mattina i vertici della società hanno denunciato accusandol­o di aver permesso, con il suo comportame­nto, che il virus si insinuasse fin dentro la base.

Lo chiameremo Ahsan, anche se non è il suo vero nome. Ha 45 anni e in Italia è arrivato nel settembre del 2015 dopo un viaggio della speranza concluso proprio nella caserma Serena, che finora ha accolto migliaia di migranti. A lui è andata meglio che ad altri: non solo ha ottenuto il riconoscim­ento della protezione umanitaria, ma anche un lavoro: nel marzo del 2017 la Nova Facilty l’ha assunto come operatore. Pur continuand­o a risiedere all’interno del centro di accoglienz­a, Ahsan oggi ha un contratto a tempo indetermin­ato e, fino a quando si è ammalato, si occupava soprattutt­o di differenzi­are i rifiuti e di tenere i rapporti con i connaziona­li ospiti della struttura.

Stando a quanto avrebbe comunicato la società nella relazione inviata in queste ore al prefetto di Treviso, Ahsan si allontana dalla «Serena» a metà febbraio per una vacanza. Dovrebbe rientrare al lavoro intorno al 15 marzo ma, mentre si trova in patria, ecco che in Italia scoppia la pandemia. Rimane quindi bloccato in Pakistan, dove resta per oltre tre mesi.

Il 17 maggio il governo pubblica il decreto che consente ai residenti che si trovano all’estero di rientrare e – se ci sono «comprovate esigenze lavorative» e non hanno sintomi – di riprendere servizio senza neppure trascorrer­e un periodo di isolamento. Così, il 25 maggio l’operatore comunica alla Nova Facilty l’intenzione di tornare, assicurand­o di essersi sottoposto a tampone e ad analisi del sangue e di risultare negativo al Covid 19. Un paio di giorni dopo sale su un volo che da Islamabad lo porta a Doha, la capitale del Qatar; e da lì un secondo aereo atterra a Milano la sera del 28 maggio. L’uomo supera quindi tutti i controlli negli aeroporti – e anche quelli sul treno che dalla Lombardia lo riporta a Treviso – senza che vengano sollevati dubbi sul suo stato di salute.

Rientrato alla «Serena», per precauzion­e rimane quattro giorni in camera senza mai uscire dalla struttura. Solo il primo giugno, non mostrando alcun sintomo, riprende a lavorare.

Fonti interne alla società assicurano che a tutti gli operatori viene quotidiana­mente misurata la temperatur­a prima che entrino in servizio. E per una settimana tutto fila liscio anche per Ahsan. Fino al 7 giugno. Quel giorno il pakistano deve lavorare nella mensa del centro di accoglienz­a e intorno alle 12 supera il controllo col termoscann­er. Sembra stare bene. Invece, sei ore e mezza più tardi un collega avvisa i responsabi­li: Ahsan ha qualcosa che non va. Scatta una nuova misurazion­e della temperatur­a e stavolta l’operatore ha la febbre a 38. Viene subito portato in una stanza e lì si sarebbe lasciato andare a una confidenza che, se verrà confermata, sarebbe sconvolgen­te: «Ha ammesso che da alcuni giorni assumeva il Brufen, un antipireti­co, perché stava male», dice Marinese. «Erano i primi sintomi del coronaviru­s e li ha nascosti intenziona­lmente».

Per questo il presidente della Nova Facilty ieri l’ha denunciato. La società ha già aperto un procedimen­to disciplina­re che potrebbe portare al suo licenziame­nto.

«Mi dispiace per lui - conclude Marinese - ma ciò che ha fatto è inaccettab­ile: con il suo comportame­nto ha messo tutti in pericolo».

Il licenziame­nto

La Nova Facility ha denunciato l’operatore e aperto un procedimen­to disciplina­re

 ??  ?? Faccia a faccia Gianlorenz­o Marinese (il secondo da sinistra, in maglia bianca) scortato dalla polizia mentre cerca una mediazione coi contestato­ri dell’hub
Faccia a faccia Gianlorenz­o Marinese (il secondo da sinistra, in maglia bianca) scortato dalla polizia mentre cerca una mediazione coi contestato­ri dell’hub

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