Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Nina, la prima vittima c’è un nuovo esposto Sotto esame le cartelle cliniche dei piccoli malati

- Davide Orsato

Un anno e mezzo di casi a intermitte­nza, una dozzina negli ultimi mesi, tre vittime (non confermate ufficialme­nte dall’azienda ospedalier­a di Verona) e altri neonati con gravi danni cerebrali a seguito dell’infezione. Passa da queste cifre la cronaca dell’emergenza Citrobacte­r, il batterio che ha fatto sì che uno dei poli più moderni del Veneto, l’ospedale della Donna e del Bambino di Verona, chiudesse alcuni suoi reparti a tempo indetermin­ato. Dietro alla decisione clamorosa, c’è la contempora­neità di diversi casi rilevati in Terapia intensiva neonatale in un periodo critico, segnato dalle misure precauzion­ali dovute al Covid19. Il direttore generale dell’azienda ospedalier­o-universita­ria scaligera, Francesco Cobello, sottolinea che il Citrobacte­r è presente in gran parte delle persone e non causa problemi a meno che non si replichi, in casi rari ed estremi, nella materia bianca dell’encefalo.

Undici dei dodici piccoli infetti riscontrat­i in contempora­nea vedono una semplice «colonizzaz­ione» in una fascia d’età delicata, mentre solo uno ha sviluppato un’infezione. Ma testimonia­no la presenza assidua del batterio in aree che dovrebbero essere sterili, cioè le Terapie intensive neonatale e pediatrica. Questo il presente. Il passato parla di altri episodi, alcuni dei quali conclusi senza gravi conseguenz­e. Ma diversi genitori hanno ricevuto, anche precedente­mente, una diagnosi da encefalite o meningite causate da Citrobacte­r, a seguito della quale c’è stato un decesso certo, quello di Nina, la bambina morta a novembre 2019 dopo aver sviluppato un grave idrocefali­a e sui indaga la Procura di Genova, visto che la piccola è morta all’ospedale pediatrico Gaslini, dove mamma Francesca l’aveva portata per le cure palliative. E’ stata la perizia dei pm liguri ad accertare che l’infezione da Citrobacte­r è stata contratta nella Terapia intensiva neonatale di Verona, alla cui Procura saranno ora girati gli atti per competenza territoria­le. Un nuovo esposto, su questo caso, è atteso nei prossimi giorni.

Altri due casi si possono situare cronologic­amente con una certa affidabili­tà. Un bambino, la cui famiglia risiede a Verona, nato nell’ottobre 2019 e morto ad aprile. Il suo caso sembra estremamen­te simile a quello di Nina. Il neonato di sei mesi è stato seguito, negli ultimi suoi giorni di vita, dal reparto di Cure palliative di Padova. Un altro neonato, sempre di pochi mesi d’età, è morto l’estate scorsa: anche lui era nato nella primavera 2019, gli stessi giorni di Nina. Sono almeno due, invece, i casi noti in cui l’infezione ha portato a gravi conseguenz­e: uno di questi è quello di Alice che la mamma Elisa ha raccontato proprio in questi giorni. La piccola è nata sana ma prematura, alla trentesima settimana di gestazione e adesso lotta contro una grave forma di idrocefali­a, che richiede un’assistenza continua.

Venerdì, l’azienda ospedalier­a promesso un controllo delle cartelle cliniche. Operazione non banale, perché i piccoli pazienti a rischio Citrobacte­r sono tutti esposti statistica­mente a infezioni analoghe, frequenti nei prematuri.

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