Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quattro morti alla Coimpo «Una tragedia evitabile»

Ecco le motivazion­i della sentenza con le numerose condanne «La causa una gestione superficia­le, attenta soltanto ai profitti»

- Antonio Andreotti Natascia Celeghin

Una tragedia, quella dei quattro morti sul lavoro alla «Coimpo» di Adria del 22 settembre 2014, evitabile se nello stabilimen­to di lavorazion­e fanghi non vi fosse stata una «gestione superficia­le e improntata alla mera massimizza­zione dei profitti». Questo il succo delle motivazion­i del giudice di primo grado Nicoletta Stefanutti, quasi 200 pagine, sulla sentenza del 29 ottobre scorso con sei condanne per complessiv­i quasi 29 anni di reclusione e due assoluzion­i. In totale 2,1 milioni di euro riconosciu­ti dal giudice come risarcimen­to alle numerose parti civili.

Tra le vittime dell’incidente sul lavoro di quella mattina del 22 settembre 2014 alla «Coimpo», poi fallita nel 2018, Giuseppe Baldan, 48enne di Campolongo Maggiore (Venezia) e impiegato della «Psc Prima» di Marano di Mira (Venezia). Poi tre dipendenti della «Coimpo»: l’adriese 28enne Nicolò Bellato, il 47enne rodigino Marco Berti e il 53enne di Adria Paolo Valesella.

La nube tossica si propagò alle 9.30 dopo che Baldan e un dipendente della «Coimpo» su una ruspa, entrambi privi di protezioni come maschere e bombole, sversarono ’acido solforico dal camion dell’autotraspo­rtatore direttamen­te nella vasca scoperta D per la lavorazion­e di fanghi che poi avrebbero concimato i campi agricoli. Si formò così una grande nube di anidride solforosa che non lasciò scampo alle vittime.

Nelle motivazion­i il giudice Stefanutti punta il dito sul fatto che nello stabilimen­to «Coimpo» i fanghi venivano versati direttamen­te nelle vasche violando le autorizzaz­ioni che prevedevan­o tempi di condiziona­mento del materiale prima dello sversament­o. Le vasche all’aperto, poi, secondo il giudice non corrispond­evano al principio di precauzion­e necessario per questo tipo di lavorazion­e. «Se ci fossero state le cautele necessarie, il rilascio in atmosfera di gas nocivo sarebbe stato contenuto» scrive la Stefanutti.

Invece alla «Coimpo», sottolinea il giudice, «venivano meramente miscelati rifiuti poi finalizzat­i allo smaltiment­o illecito in agricoltur­a».

Un altro grave errore, per il giudice, fu aver sversato, nella vasca dei fanghi dalla quale partì la nube-killer, acido solforico — allo scopo di abbattere i cattivi odori — senza averci prima messo della calce come prevedono le prescrizio­ni.

Alla «Coimpo», poi, mancavano presidi ambientali e di sicurezza sul lavoro e non c’era traccia di valutazion­i sul rischio chimico correlato all’impiego di acido solforico. Il giudice poi rileva una carenza di informazio­ni e formazione per i lavoratori che, scrive, quella mattina di quasi sei anni fa «avrebbero avuto il tempo di allontanar­si dalla vasca se fossero stati in grado di riconoscer­e il pericolo legato all’utilizzo di acido solforico nella vasca». Un pericolo, scrive la Stefanutti, «riconosciu­to anche dai consulenti delle difese».

Le condanne sono arrivate per l’omicidio colposo plurimo e per numerose contravven­zioni in materia di sicurezza sul lavoro e reati ambientali come l’emissione di sostanze moleste dal punto di vista olfattivo. Le condanne più pesanti per Gianni Pagnin, 68enne di Noventa Padovana, ex presidente del Cda Coimpo che ha preso sette anni, otto mesi e 10 giorni e per il 59enne di Adria Mauro Luise, ex direttore tecnico dello stabilimen­to (sei anni e sei mesi).

Secondo il sindaco di Adria Omar Barbierato «la valutazion­e del giudice è sacrosanta. Le avvisaglie che qualcosa alla “Coimpo” non procedesse in maniera corretta le avevamo avute con le denunce dei comitati di cittadini di Ca’ Emo. Il dubbio che questi comportame­nti scorretti fossero stati perpetrati anche prima della tragedia, rimane. Una cicatrice che non guarirà mai».

Concordi le osservazio­ni dal mondo sindacale. Per Pieralbert­o Colombo (Cgil), Samuel Scavazzin (Cisl) e Giampietro Gregnanin (Uiltec) «le motivazion­i del giudice confermano quanto sia importante la sicurezza sul lavoro. Il tema resta più che mai valido anche ora, in vista della ripresa dopo il lockdown per il Covid-19».

Soddisfatt­i gli avvocati di alcune delle parti civili Matteo Ceruti, Marco Casellato, Cristina Guasti, Carmelo Marcello e Claudio Maruzzi. «Riteniamo — affermano i legali — che sia stata ampiamente confermata, dalla valutazion­e del giudice, la ricostruzi­one che, come parti civili, abbiamo ribadito in sede di discussion­e».

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A sinistra, i carabinier­i alla «Coimpo» A destra, dall’alto e in senso orario, i morti nel 2014: Nicolò Bellato, Marco Berti, Paolo Valesella, Giuseppe Baldan
Le vittime nell’azienda A sinistra, i carabinier­i alla «Coimpo» A destra, dall’alto e in senso orario, i morti nel 2014: Nicolò Bellato, Marco Berti, Paolo Valesella, Giuseppe Baldan
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