Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

AUTONOMIA E METROPOLI POST COVID

- Di Paolo Costa

Pochi mesi di pandemia da coronaviru­s e l’autonomia regionale ha compiuto, di fatto, più passi in avanti che nei vent’anni passati dalla riforma del titolo V della Costituzio­ne in poi. Meglio: negli scorsi tre mesi si è vista al lavoro la Repubblica, quella che la Costituzio­ne dice fatta di Stato e Regioni, oltre che di autonomie locali (Comuni, Province e Città Metropolit­ane). Una Repubblica mossa nelle scorse settimane da esercizi di autonomia regionale né pretesa in esclusiva né concessa obtorto collo, ma esercitata sul campo. Chi avrebbe mai immaginato qualche tempo fa che le linee guida governativ­e per la riapertura delle scuole venissero discusse dalle Regioni fino a far tremare la poltrona della ministra, per poi trovare la soluzione condivisa? La drammatici­tà delle decisioni da prendere nell’introdurre il lockdown (fase uno), nell’organizzar­e l’uscita dallo stesso (fase due), e oggi per la riapertura settembrin­a delle scuole, ha costretto tutti ad assumersi responsabi­lità senza precedenti. All’inizio palleggiat­e tra centro e periferia, ma poi negoziate in un quadro di migliori pratiche scambiate lealmente in un sistema di competenze condivise.

Lo Stato ha capito che non poteva fare tutto da solo e le Regioni che avevano bisogno di agire in un quadro unitario. I profession­isti del dibattito sull’autonomia regionale si sono in un primo momento stracciate le vesti, denunciand­o, gli uni, l’attentato all’unità nazionale e, gli altri, inaccettab­ili ingerenze centralist­iche.

Poi la posta in gioco - la vita degli italiani a rischio Covid-19 e il loro benessere aggredito dal lockdown - ha spazzato via ogni ridicolo dubbio. Occorreva, come occorre, «condivider­e» e articolare le risposte per tener conto della oggettiva diversa virulenza con la quale il Covid si è abbattuto sulla Lombardia e le altre regioni del nord rispetto a quelle del sud, senza peraltro risparmiar­e queste dai sacrifici da lockdown. È qui che ognuno, Stato e Regioni, ha fatto la sua parte. Con il Veneto che ha dimostrato, alla grande, come una autonomia ben esercitata valga mille volte quella litigata sulle formule esoteriche della «ulteriore autonomia differenzi­ata».

Ma c’è ancora uno sforzo da fare per sfruttare appieno l’architettu­ra costituzio­nale nella fase di rilancio post pandemico. Il rilancio vero, quello che per aver successo – agganciare la crescita italiana a quella europea lungo i sentieri delle transizion­i digitale e ambientale - ha bisogno anche di una articolazi­one territoria­le gerarchica che solo le Regioni (e le Città metropolit­ane) possono realizzare.

Una articolazi­one che passa per la valorizzaz­ione delle città metropolit­ane, magari ridisegnat­e, per creare i luoghi ad alta intensità insediativ­a e concentraz­ione di capitale fisso sociale che restano i soli capaci di agganciare con le «produzioni di domani» il trend di crescita europeo, interrompe­ndo così quel declino della produttivi­tà che ci affligge da decenni. Tema finora sottovalut­ato sia dal «piano Colao» sia dagli Stati generali voluti da Conte. Oggi noi usciamo dal lockdown con le ammaccatur­e da Covid-19 dell’unica città, Milano, che fino a ieri reggeva la competizio­ne nell’arcipelago urbano europeo. Problema grave. Da risolvere adattando alla bisogna, trasforman­do in «macchine produttive», gli organismi metropolit­ani del nord, del centro e del sud. Con una collaboraz­ione Stato-regioni ancor più forte di quella generata dalla pandemia. A Nordest la sola soluzione sta nel costruire la grande città post-covid attorno a Venezia, Padova e Treviso.

È da sperare che Stato, Regione del Veneto e Città metropolit­ana affrontino anche questo tema al più presto. Il rilancio dell’italia e del Nordest resta in ansiosa attesa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy