Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Giustini: «Bpvi, Sorato teneva una pistola e ci controllava» Nuovi file audio sul cda
«In Bpvi il fatto che Sorato ci controllasse era palese». Una spectre, più che una banca popolare. A descrivere il clima paradossale, al limite del paranoico, in banca, è stato ieri l’ex vicedirettore generale Emanuele Giustini, nella seconda giornata di deposizione al processo per il crac Bpvi. L’ex dirigente della divisione mercati ha raccontato le fasi concitate del 2015, nei giorni in cui la banca lo stava spingendo a lasciare, dopo che la Bce aveva scoperchiato il bubbone «baciate». Giustini rientra da Roma e si ferma a Firenze, dall’ex amministratore delegato, Divo Gronchi, per chiedergli consiglio: deve vedere Zonin per discutere della linea che la banca sta tenendo con lui. All’indomani è a Vicenza. «Quando arrivai, al pomeriggio, mi chiama Sorato e mi dice: ‘Tu sei stato da Gronchi’». Informazione, forse, desunta dal controllo del telepass aziendale: «Sorato aveva un I-pad con cui controllava le telecamere, anche sulle macchine del caffè. Eravamo sotto controllo: io dicevo non parliamo in banca, perché temevo le cimici. E se si saliva al quinto piano e si sbagliava direzione o si andava in bagno, chiedeva poi ‘perché sei andato dal presidente’: il suo ufficio era in quella direzione». E ancora: «Sorato aveva una pistola nella borsa: ce la fece vedere. E una volta che andò in Bce a Francoforte fece suonare il metal detector». Episodio, forse, legato ad un bossolo rimasto nella borsa dell’ex dg.
Episodi legati alle fasi concitate dell’uscita dalla banca, in cui Giustini sente di essere tra quelli su cui si cerca di scaricare la colpa. A fine aprile 2015 saltano fuori le lettere di riacquisto delle «baciate» «Il 30 aprile, alle 19, Sorato chiama me e Piazzetta per dire che il presidente ci voleva licenziare - dice Giustini - Chiedo perché. ‘Perché stanno venendo fuori problemi da Bce’ E tu? ‘Ho detto che dovevo approfondire’». Giustini riprende: «Sembrava un teatro dell’assurdo: una persona che sa che finge con un’altra persona che sa. Si stavano chiamando fuori. Io e Piazzetta eravamo diventati i colpevoli quando era evidente che tutta la banca era coinvolta in una prassi». Giustini prende appuntamento e va da Zonin il lunedì successivo alle 10. In ufficio c’è anche il vicepresidente Marino Breganze. «Zonin disse che conosceva la prassi delle correlate solo su finanziamenti parziali per le azioni, non di operazioni complete, di finanziamenti tutti per prendere azioni». La difesa di Giustini ha fatto poi risentire una serie di file audio delle registrazioni dei cda, per mostrare che il cda sapeva delle «baciate». Tra gli spezzoni sentiti in aula quello del cda del 14 maggio 2013, in cui il cda discute la chiusura dell’operazione correlata da 20 milioni di Cattaneo e Lovisetto.