Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Gabriele Basilico e Roma Dalle incisioni alle foto
In una conversazione pubblica con Amos Gitai, in occasione della Biennale del 2012, Gabriele Basilico confessava quanto fosse stato difficile fotografare la fontana di Trevi, «di fronte e vicino», di qua dal fiume di visitatori. Nell’incisione di Piranesi, invece, la fontana appare «come ripresa da un elicottero». Non ricevendo il permesso di salire al primo piano nell’edificio di fronte, raccontava Basilico, «mi sono messo in punta di piedi (sono appena più alto del punto di vista della folla) e ho aspettato molto tempo perché davanti a me non ci fosse gente che mi disturbava». E aggiungeva: «E’ la differenza che c’è tra il 1700 e il 2010. Per fare una fotografia come la sua immagine avrei dovuto farla di notte».
Il tempo è un materiale edile. E con i suoi scarti, Gabriele Basilico si è misurato molte volte, documentando ad esempio Beirut a distanza di vent’anni o di quaranta Colonia, per non parlare delle grandi trasformazioni del paesaggio francese a metà degli anni Ottanta. Ma probabilmente stare sulle orme incisorie di Piranesi, così come gli aveva chiesto la Fondazione Cini, deve essere stata una sfida ancora più sorprendente.
Il risultato è che tanto l’incisore-architetto appare coinvolto dalla scena, ne esalta la perfezione visiva, cuce invenzioni prospettiche e la vita arruffata di gentiluomini e carrozze, come se si aprisse una voragine di irrefrenabile bellezza, tanto il fotografo è un attento cacciatore di pieni e di vuoti, attinge al rigore della visione e prova a scansarsi dalla folla.
«Credo che il grande tema nel lavoro di Gabriele Basilico fosse trovare la distanza»,
I contrasti
Piazza del Popolo nello scatto si stringe sugli oggetti di fronte a una folla di spalle
scrive Michele De Lucchi, che ha coreografato il progetto della Fondazione Cini nel 2010: «Quello che è straordinario delle foto di Gabriele è proprio questa perfetta lontananza/vicinanza che non distorce, che chiarisce, che contempla l’intero e valorizza il dettaglio, che descrive e valorizza, dà forma e sostanza al tutto. È anche una metafora della vita».
Pasquale Gagliardi, che del progetto invece è stato l’ideatore, ricorda: «Gli scatti di Basilico furono stampati in bianco e nero, nelle stesse dimensioni delle incisioni e affiancate alle acqueforti piranesiane, mostrando al pubblico la modernità di Piranesi che sembra anticipare l’arte della fotografia e la capacità del fotografo contemporaneo di interpretare il paesaggio urbano».
Ed ecco Piazza del Popolo, ad esempio, che quasi incombe nell’incisione, dove le persone sbucano dal basso accalorate in discussioni e attività: nello scatto di Basilico la piazza si stringe sugli oggetti architettonici fissati laconicamente di fronte a una folla anonima presa di spalle, come fosse capitata là per caso. E così il Colosseo: troneggia maestoso quasi ripreso in volo, la pavimentazione ancora presente nel lavoro di Piranesi e invece è un’ossatura scarnificata nella presa diretta e il fotografo sembra immerso dentro le fondamenta. Allo stesso modo, Basilico entra al Pantheon superando il colonnato che amplifica di maestosità l’incisione, e denuda la geometrica volta liberando l’architettura da tutti gli strati di stupore incisi nel ‘700.
Come scrive Roberta Valtorta nel catalogo, «Basilico non è neppure sfiorato dall’eventualità di una “reinterpretazione” dello stile immaginifico e magniloquente di Piranesi» e preferisce rimanere su una soglia visiva «nella veste di fotografo contemporaneo, in una sorta di verifica».