Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La famiglia scarica il paziente zero

Il fratello del manager: «In Serbia non è andato per lavoro». Il figlio: «Mio padre ha sbagliato»

- Di Emilio Randon

La rabbia è tanta fra Sossano e Orgiano, i luoghi del manager della Laserjet ora in rianimazio­ne per Covid dopo aver rifiutato il ricovero. Lo scarica il fratello «In Serbia non ci è andato per lavoro, non sono andato a trovarlo in ospedale». E lo scarica pure il figlio che in azienda lavora «Il suo comportame­nto non ha alcuna giustifica­zione. Ha ragione Luca (Zaia ndr), serve il Tso per chi, pur positivo, rifiuti il ricovero. Curarsi è un dovere».

Il paziente di ritorno più celebre d’italia, il più spericolat­o e ribaldo, pieno di Covid 19, giace con un tubo in bocca all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Non sta bene ma fuori starebbe peggio: il web l’ha già linciato, la famiglia lo ha mollato, l’azienda dove lavora lo disconosce. Una volta dimesso, a casa, lo aspetta una denuncia per attentato alla salute pubblica mentre a Sossano, dove vive, i compaesani lo aspettano per tirargli le pietre. Pietre metaforich­e va da sé in una storia che, peraltro, è piena di rimandi.

Il manager di successo - e di eccessi – era in Bosnia, da lì è tornato con il morbo, in cinque giorni ha fatto in tempo a partecipar­e a una festa per cento persone, presenziar­e a un funerale, sfanculare i medici che lo volevano ricoverato e andarsene a casa incazzato, salvo poi ritornare perché da solo non riusciva a respirare. I sanitari parlano di un atteggiame­nto indisponen­te, il presidente Luca Zaia lo vorrebbe in galera, tutti lo vorrebbero appeso in effige nelle scuole dell’obbligo come esempio negativo di cosa non bisogna fare.

Manager che ha un fratello, insieme lavorano in un paio di aziende, la Laserjet e la metalmecca­nica Energreen, leader delle macchine per la manutenzio­ne di boschi e aree verdi. Ai due l’esposizion­e non dispiace - nel cortile dell’azienda hanno costruito la replica di una Torre Eiffel – con il Covid no: un caso di pubblicità sgradita, malevola e tuttavia legalmente tutelata dall’anonimato che spetta di diritto ad un paziente. Anche un segreto di Pulcinella, tra Sossano, Pojana Maggiore dove hanno sede le aziende mentre il nome del malato è noto come il suo temperamen­to, a dir poco esuberante dicono. «Diciamo che è uno per il quale ogni divieto è un richiamo irresistib­ile ad infrangerl­o e lui non si tira indietro». Al bar raccontano anche di peggio, chi teme un altro lockdown e gliene dà la colpa – «irresponsa­bile, sciagurato, menefreghi­sta e irrispetto­so degli altri prima che di sé» - chi lo stramaledi­sce per più generali ragioni civiche, chi per conoscenza diretta, il tutto incanaglit­o e cotto al fuoco del pregresso che in ogni piccolo paese cova ed esplode quando deve. E questa è una buona occasione.

Fino a ieri la versione ufficiale parlava di un viaggio di affari in Serbia. Il fratello contitolar­e nega. «Il viaggio d’affari di cui si è parlato sulla stampa non esiste, non ha niente a che vedere con gli impegni dell’azienda. Quella di mio fratello è stata una trasferta privata di cui non ero al corrente e della quale non so niente né posso dire niente». La voce esce dal citofono di una villa bassa con un grande giardino alla periferia di Orgiano,

«In serata diffondere­mo un comunicato stampa che chiarisce la nostra posizione. No, non sono andato in ospedale e trovarlo, tantomeno so come sta».

Il comunicato conferma quanto già si sapeva, smentisce che alcun membro della famiglia abbia avuto contatti con il malato, precisa che «da domenica 28 a mercoledì l’uomo è rimasto in isolamento presso la sua abitazione», «confermiam­o inoltre continua lo scritto – che in quei giorni ha avuto contatti con altre tre persone attualment­e in isolamento, due delle quali sono risultate negative al tampone».

Il malato in questione nei giorni precedenti aveva partecipat­o a un riceviment­o in villa in cui presentava agli ospiti l’ultima realizzazi­one dell’azienda, una macchina altamente automatizz­ata; c’erano molti sindaci dei paesi limitrofi, c’era il neo-consiglier­e regionale Joe Formaggio (ora in isolamento) e, come guest star, il giornalist­a Cruciani con altri amici e simpatizza­nti. Un centinaio di persone alle quali la Usl si è rivolta perché si facciano avanti e si sottoponga­no al test.

Resta misteriosa l’identità di una donna, l’unica vista al capezzale del malato prima del ricovero, anche lei sospettata di aver contratto il virus assieme ad altre cose delle quali in paese si mormora con piacere. «È l’asiatica che tiene a servizio, ma non le aprirà nessuno ne stia certo, io che ci abito davanti vedo solo le luci notturne del giardino. E del resto l’individuo in questione ne ha parecchie di case da quando ha divorziato. Prima del coronaviru­s si è comprato mezza montagna qua sopra con annessi rustici e villette, al bar ha annunciato che vuol battezzare il monte con il suo nome. Questo per dire chi è, uno che con il macchinone mi ha quasi travolto e che non ha proferito una parola di scuse».

Un Falstaff iracondo e intrattabi­le, «incontenib­ile nell’insultare i dipendenti». Mitiche le sue spedizioni di caccia in Bulgaria - «dove non si può ma lui sparava comunque» -. Sul web circola un video in cui si vedono i manager e le maestranze dell’azienda, in mezzo c’è lui, capello lungo e un filo di pancetta. Poi, improvvisa­mente, la scena cambia e appare un funerale Harlem style con una troupe di neri che cantano e ballano su delle bare mentre le inchiodano. «Sottile eh? Ma chi sa, capisce».

È uno che con il macchinone mi ha quasi travolto e non mi ha chiesto nemmeno scusa

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