Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’ASSURDO DIBATTITO CON LA UE

- di Paolo Costa

Condiziona­lità. Una delle parole che siamo stati costretti a imparare in corso di epidemia da coronaviru­s. Come lockdown, distanziam­ento sociale, pandemia, rime buccali, etc; per non parlare di Mes, recovery plan, fondo next-generation­eu. Condiziona­lità, parola pervicacem­ente usata, in negativo, da Salvini, dalla Meloni, ma anche dai Cinque stelle, per evocare catastrofi­che «sottomissi­oni» del nostro Paese all’ue che deriverebb­ero dall’accesso ai prestiti europei secondo le regole del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità). Condiziona­lità, parola che andrebbe invece associata, in positivo, al contributo europeo alla definizion­e di quel piano di rilancio post covid-19 che dovrebbe nei prossimi 6/7 anni –ultima chiamata per l’imbarco-aiutare l’italia a riaggancia­re il trend di crescita e sviluppo dell’unione, quello perso per il declino di produttivi­tà che ci siamo autoinflit­ti da decenni. Siamo nell’assurda condizione di continuare a discutere di una condiziona­lità negativa che non c’è invece di prepararci a sfruttare la condiziona­lità positiva da negoziare con l’ue a partire dal «piano nazionale di riforma» che dovremo presentare a Bruxelles dalla metà del prossimo settembre.

Da quando, lo scorso maggio, il Mes ha creato la nuova linea di credito di «Supporto alla crisi pandemica», da erogare a tassi vantaggios­i «alla sola condizione che vengano usati per il finanziame­nto di spese sanitarie di cura o prevenzion­e, dirette o indirette dovute al covid-19», i fantasmi della cura alla greca dei nostri conti pubblici, di una espropriaz­ione di sovranità affidata ad una troika di burocrati e banchieri, non hanno più ragione di farsi temere. Lo ripetono continuame­nte i commissari europei: buon ultimo il vicepresid­ente Dombrovski­s nella sua intervista al Corriere della Sera del 4 luglio scorso. Esiste invece la possibilit­à di usare subito oltre una trentina di miliardi di euro per sistemare la nostra sanità, per adattare le nostre scuole, e molto altro ancora. Come sanno i presidenti di regione che sognano i 36 miliardi del possibile incremento del fondo sanitario nazionale (oltre 3 miliardi per il solo Veneto). L’irresponsa­bile discussion­e sul Mes ha l’ulteriore gravissima colpa di distoglier­e governo, parlamento, forze economiche, sociali e civili dal concentrar­si, invece, sulle caratteris­tiche del piano di rilancio che né gli Stati generali di Conte hanno aiutato, né le preoccupaz­ioni per la gravità della situazione economica attuale aiutano, a definire. La discussion­e in corso sulle forme di rilancio della domanda globale via consumi, riducendo le tasse o aumentando i sussidi, o via piccoli investimen­ti pubblici finanziati dall’elicottero, rischia di allontanar­ci da decisioni che ci facciano almeno intraveder­e l’italia di domani. Quella capace di sfruttare la rivoluzion­e tecnologic­a che esalta l’interazion­e digitale, di accelerare la transizion­e verso un’economia più sostenibil­e e di puntare a coinvolger­e più ampi strati sociali nella nuova normalità. Per «fortuna» l’unione europea ci ha già avvertito che i finanziame­nti da Next generation EU fund saranno riservati a progetti capaci di contribuir­e alla crescita nel medio-periodo e coerenti con i suoi obiettivi «verdi» e «digitali». È questa la condiziona­lità utile, propria di un rapporto cooperativ­o tra Unione europea e suoi stati membri. Una condiziona­lità che esige, per essere messa a frutto, che i progetti che l’italia proporrà si muovano lungo il sentiero stretto, ma virtuoso, di transizion­e verso una crescita finalmente robusta anche perché verde e digitale. Il cantiere per mettere a frutto questo rapporto fecondo con l’unione va aperto subito; e tenuto al riparo sia da quello, più urgente, del sostegno ad imprese e famiglie nei prossimi mesi che si preannucia­no terribili sia dalle riforme struttural­i che anche se avviate oggi non potranno dare frutti che negli anni a venire. Non ci è consentito sbagliare l’agenda. Difficilme­nte ci sarà concessa una ulteriore occasione.

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