Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Montagna, quelle donne «scalatrici»

La mostra sulla montagna a Palazzo Sarcinelli di Conegliano dedica un focus alle scalatrici La storia della trevigiana Irene Pigatti: salì sul Cristallo poi conquistò la Marmolada

- Lugato

La storia dell’alpinismo femminile è costellata da straordina­rie figure che hanno segnato l’evoluzione di quest’avvincente pratica sportiva. Coraggiose, non meno dei colleghi uomini, le pioniere dell’alpinismo hanno vissuto sorprenden­ti avventure. Spesso derise, hanno dovuto affrontare, tra i tanti pregiudizi, anche quello del vestiario. Per noi oggi, nell’era dei capi tecnici, caldi e leggeri, è difficile immaginare queste sportive ante litteram in gonnella, intente ad arrampicar­si su pareti rocciose; la tenacia di queste alpiniste le ha però portate a conquistar­e le vette più alte. Alcuni sostengono che la data di inizio dell’alpinismo femminile sia il 1838, anno in cui la contessina francese Henriette d’angeville conquistò la vetta del Monte Bianco con una tenuta in lana e pelliccia che pesava più di otto chili.

Trent’anni prima, una cameriera di Chamonix aveva raggiunto la stessa vetta senza un’accurata preparazio­ne, né tantomento un abbigliame­nto adatto o un attento allenament­o: era Marie Paradis, soprannomi­nata la Marie du Mont Blanc. Precorritr­ici della disciplina, Marie e Henriette sono state imitate da donne forti e ambiziose, affascinat­e dal richiamo delle cime e dalla gioia per la sconfinata libertà che il mondo alpino poteva offrire.

Pioniera italiana dell’alpinismo, in un periodo in cui le Dolomiti erano perlopiù inaccessib­ili, è la trevigiana Irene Pigatti (Colle Umberto, 1859-1937), donna dalla spiccata personalit­à e dai tanti interessi che l’hanno portata a diventare in poco meno di un decennio, tra il 1886 e il 1893, un’ambiziosa «collezioni­sta» di cime. A lei è dedicato un intero focus della rassegna conegliane­se.

Nel panorama dell’alpinismo dolomitico femminile, dominato quasi unicamente da straniere, la sua avventura ha inizio con la prima scalata femminile italiana sul monte Cristallo, nelle Dolomiti Ampezzane

nel 1886 e del Cimon del Froppa, la montagna più alta del gruppo delle Marmarole nelle Dolomiti Cadorine, nel 1888. Nell’estate del 1890 Irene porterà a compimento, a distanza di dieci giorni l’una dall’altra, le due più emozionant­i scalate della sua carriera: la Marmolada il 9 agosto, nonostante l’improvvisa nevicata del giorno precedente, e la famosa salita sulla Civetta (primato ancora dibattuto con l’agordina Maria Amelia Paganini). Il 5 settembre del 1891 la troviamo in cima alla maestosa Pala di San Martino, e l’anno seguente raggiunge la vetta del Cimon del Cavallo e quella del Pelmo. In occasione dell’inaugurazi­one del Rifugio Venezia sarà ancora una volta la prima donna italiana a mettere piede sulla famosa cima.

Il primo giorno di settembre del 1893, all’età di trentaquat­tro anni, Irene, ormai tra le più conosciute ed esperte alpiniste, parte per l’ultimo primato: la vetta dell’antelao, il re delle Dolomiti. Lasciata l’attività di scalatrice, sposa nel 1886 un uomo molto più giovane di lei, per dedicarsi poi (senza figli) alla cura di un piccolo giardino botanico e all’allevament­o dei bachi da seta, attività molto diffusa nelle zone collinari delle Prealpi Venete. L’avventuros­a signora che scalava le montagne si spegnerà settantott­enne nel 1937 nella sua Colle Umberto. Coraggiosa e libera, Irene Pigatti è ancora oggi fonte di ispirazion­e per le donne apiniste. Nel 2010 le Poste Italiane in collaboraz­ione con il CAI hanno realizzato un francoboll­o in suo onore.

La tenacia ha condotto le alpiniste sulle cime più alte, nonostante le molte difficoltà: la tenuta in lana e pelliccia indossata da Henriette d’angeville pesava otto chili

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Personalit­à Irene Pigatti, alpinista dai tanti interessi

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