Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’impero e l’effetto revoca sui conti Benetton: «Noi rispettiamo le istituzioni»
La partita durata due anni sulla revoca delle concessioni autostradali ad Aspi, società riferibile alla galassia Benetton, è arrivata all’atto finale. Oggi verrà presa una decisione in merito del consiglio dei ministro, con il premier Conte che, ancora ieri, ha ribadito: «Sabato è arrivata da Aspi una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione delle richieste del governo». Atlantia, holding controllante di Anpi, ieri è crollata in Borsa del 15%. Dalla famiglia Benetton filtrano poche frasi, dirette al premier: «Noi abbiamo sempre rispettato le istituzioni».
E se i Benetton alla fine perdessero per ko tecnico, uscendo da tutto quanto abbia a che vedere con le concessioni autostradali in Italia?
A Treviso la domanda chiave dell’intero discutere e scontrarsi fra il governo e la galassia di Ponzano Veneto, o chi la rappresenta, in ultima analisi sta tutta qui. Detta in altro modo: se per l’automobilista medio cambierebbe poco o nulla (a meno che, come vuole il governo, le tariffe di pedaggio non venissero effettivamente abbassate) sapere che i soldi versati al casello, da una certa data in poi, andranno a un altro concessionario, pubblico o privato che sia, chi passa davanti al grande palazzo in Piazza Duomo a Treviso, il vecchio tribunale da poco restaurato per diventare la sede di Edizione Holding, qualche domanda in più se la fa. Cosa accadrebbe, insomma, lì dentro, nel centro nevralgico dei Benetton?
Ieri la famiglia ha lasciato trapelare poche frasi, in risposta alle parole del premier Conte che, sui giornali, aveva accusato i Benetton di «prendere in giro non il presidente del Consiglio
e i ministri, ma i familiari delle vittime del ponte Morandi e tutti gli italiani». Ecco la breve replica da Ponzano: «La famiglia Benetton ha sempre rispettato le istituzioni: quando in passato è stata sollecitata a entrare in diverse società (Alitalia, Autostrade e altre società in via di privatizzazione, ndr),
così come oggi».
E allora, prima di tutto, vediamo le cifre in ballo, con un riassunto minimo dei numeri riferiti al 2019. Autostrade per l’italia (Aspi) ha fatturato 4 miliardi di euro. L’88% di Aspi appartiene ad Atlantia. Atlantia e Abertis (società delle infrastrutture spagnola posseduta per metà da Atlantia), hanno generato insieme 11 miliardi. Edizione, la cassaforte di casa Benetton che detiene il 30% di Atlantia, ha fatturato 18 miliardi.
Con un gioco di calcolatrice, si può immaginare cosa accadrebbe ai ricavi di Edizione se da domani non ci fossero più i 4 miliardi generati dalle autostrade italiane. Ma è un esercizio di pura teoria, perché il modo con cui il governo deciderà di provocare l’eventuale cancellazione di questi soldi metterebbe comunque in moto reazioni giudiziarie a molti livelli, con rivendicazioni economiche sufficienti a vanificare ogni somma e proporzione. E poi i ricavi dicono poco, meglio sarebbe compiere il ragionamento sugli utili, la voce che tiene in vita o meno qualsiasi azienda. Ma addentrarsi in simulazioni su questa dimensione è un’avventura con molte più variabili che dati certi, compresa la decisione, quest’anno, di non distribuire dividendi agli azionisti di Edizione.
Un azzardo, insomma. In primo luogo perché è riduttivo, e pure sbagliato, perdere di vista tutti gli altri asset - e le loro reciproche relazioni - presenti nel portafoglio di Atlantia o di Edizione, come Telepass o Autogrill, che con le autostrade hanno parecchio a che fare. In secondo luogo, perché è altrettanto semplicistico rappresentare la partita come una questione solo fra l’esecutivo giallo-rosso, il premier e «i Benetton». Atlantia ha altri soci di un certo rilievo (il fondo sovrano di Singapore con l’8%, la Cassa di Risparmio di Torino al 5%, poi Lazard, Hsbc e via elencando) e ad Aspi partecipano pure Allianz, Edf e Silk Road, che di sicuro non staranno a guardare.
In caso di revoca della concessione - argomento all’ordine del giorno del consiglio dei ministri di oggi, che arriva dopo le parole inequivocabili pronunciate ieri del premier Conte: «Sabato è arrivata da Aspi una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione delle richieste del governo» -, la società Autostrade per l’italia potrebbe finire in default: la riduzione della penale introdotta con il decreto «Milleproroghe» provocherebbe 10 miliardi di debiti in più e altri 9 li avrebbe sulle spalle Atlantia. Anche svanissero «i Benetton», dunque, gli altri soci non lascerebbero inerti le rispettive squadre legali. E poi va ricordato che quei debiti, entrassero in Autostrade player pubblici al posto di Atlantia (Cdp per tutti), diventerebbero oneri in più per tutti
i contribuenti italiani.
Le riflessioni in termini finanziari potrebbero continuare ma, sempre guardando al palazzo che fronteggia il Duomo di Treviso, ci si può pure domandare se e come reggerà l’architettura di comando di Edizione, a una settimana dall’assemblea in cui si dovrà giocoforza riparlare della governance. A Gianni Mion, richiamato alla guida della holding un anno fa data l’impossibilità di trovare una convergenza sulla leadership fra i Benetton discendenti dei quattro fondatori, potrebbe essere chiesto di rimanere ancora, visto che la burrasca è molto più intensa che nell’estate del 2019. Lasciando per un attimo da parte Aspi, gli effetti della pandemia non hanno certo risparmiato da flessioni più o meno accentuate altre linee di business come gli Aeroporti di Roma o la già citata Autogrill, mentre l’affanno della United Colors - lo storico ramo tessile da cui tutto è nato - non è una novità, tanto che il rosso di bilancio si è cronicizzato negli ultimi anni. Meglio hanno funzionato, in questo caso anche grazie al Covid19 e all’isolamento sociale, le strutture di telecomunicazione di Cellnex, partecipate attraverso Connect, ma le proporzioni non reggono la prova della compensazione tra attivi e passivi.
Tornando a Mion, una sua riconferma potrebbe tradursi in un passaggio cruciale per Alessandro Benetton. Insofferente da tempo al contesto e alle dinamiche della holding, il figlio di Luciano potrebbe decidere di lasciare il suo posto in Consiglio di amministrazione (così come avvenne tre anni fa relativamente al Gruppo del casual) e dedicarsi finalmente per intero alla sua 21 Investimenti.
Quando ad Aspi, infine, la società ha scelto ieri la massima trasparenza, pubblicando l’ultimo rilancio al governo, e sarebbe la proposta numero 10: i miliardi per investimenti, ricostruzione del viadotto Morandi e riduzione delle tariffe passano da 2,9 a 3,4, c’è la rinuncia ai ricorsi contro la parte pubblica e l’apertura del capitale a terzi. L’unico no è quello all’ipotesi di sollevare il governo da responsabilità civili per danni eventualmente richiesti da terzi e collegati alla tragedia di Genova.