Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Test in sette minuti contro i focolai
Zaia: «Preoccupano i casi dall’estero». E gli scienziati veneti isolano il ceppo serbo: «Più virulento»
Un test rapido per arginare i nuovi focolai. Lo ha annunciato Luca Zaia. «Preoccupano i casi dall’estero» ha spiegato. Intanto gli scienziati veneti hanno isolato il ceppo serbo, sequenziando il virus dei 4 positivi arrivati da quel Paese. «Ha una carica virale più elevata».
Nonostante il collega apparisse già a prima vista in ottima forma, un generale sospiro di sollievo ha comunque accolto l’esito (negativo al virus e dunque positivo per l’umore) del test effettuato in diretta ad un giornalista dal governatore Luca Zaia e dal direttore del laboratorio di Microbiologia di Treviso Roberto Rigoli, nel corso della conferenza stampa tenutasi ieri nella consueta cornice di Marghera. Come sarebbe finita, infatti, se il risultato fosse stato di segno opposto, davanti alle telecamere delle tivù e ai follower dei social network? Toccava finire tutti dritti in quarantena, governatore, assessori, primario, giornalisti e tecnici.
È andata bene. L’occasione, d’altronde, era troppo ghiotta per lasciarsi sfuggire un simile fuori-programma, si trattava della presentazione del nuovo test ultra rapido per la ricerca del coronavirus, sperimentato in queste settimane dal laboratorio di Rigoli a Treviso in collaborazione col laboratorio dell’usl di Vicenza. Lo produce un’azienda farmaceutica coreana (il nome non è stato detto e di più, è stato perfino cancellato dalla scatola per evitare accuse di pubblicità) ed è in grado di dire se una persona sia o meno contagiata dal virus in 7 minuti (ma ieri, a dire il vero, ce ne ha messi poco più di 2). «Questo test ha il pregio di andare alla ricerca diretta del virus - ha spiegato Rigoli -. Il liquido nasale, prelevato dal paziente con un tampone viene posato su quella che in gergo viene chiamata “saponetta”, dove risale fino ad incontrare gli anticorpi specifici del covid19. Se c’è il virus, l’incontro genera una reazione cromatica che dà origine ad una banda rossa. In questo caso il paziente, presunto positivo, viene sottoposto al tampone per la certezza definitiva». Una cautela ulteriore, dettata dal fatto che il test coreano non ha ancora i timbri dell’istituto Spallanzani di Roma, dell’istituto superiore di sanità e del ministero (dovrebbero arrivare quando la sperimentazione sarà implementata), anche se Rigoli ha riferito che fino ad oggi «sono stati effettuali con questo nuovo strumento diagnostico mille test, accompagnati da mille tamponi di controverifica, ed il risultato è sempre stato corretto, con una sola eccezione, che ci ha dato un falso positivo». Insomma, il test è affidabile ed anche per questo è già stato usato sia per il focolaio dei rientrati dal Kosovo che per quello della casa di cura Bon Bozzolla di Farra di Soligo.
La novità, e i giudizi lusinghieri che la accompagnano, farà la gioia dell’azienda produttrice ma fa pure ben spera
re la sanità pubblica, per due ragioni: la prima, e più importante, è che questo test consentirà di verificare con estrema rapidità i contagi (oggi per un tampone effettuato con urgenza in pronto soccorso ci vogliono non meno di 3 ore; 48 ore per un tampone che segua i canali normali) e si pensi a quanto questo possa facilitare i controlli ad esempio nella case di riposo. La seconda è di natura prettamente economica: il test speed costa 12 euro; il tampone 18 euro; 6 euro di differenza moltiplicato per centinaia di migliaia di analisi può fare la differenza per le casse della Regione.
Infine, il test potrebbe essere d’interesse anche per molte aziende, perché consente screening rapidi su larga scala evitando il dilagare dei contagi. «Certamente - ha confermato Rigoli - anche se resta sempre inteso che, nel caso in cui si scopra un caso positivo, questo deve essere immediatamente segnalato all’autorità sanitaria per l’avvio delle procedure di rito».