Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

DUE PRESIDENTI, LE FOIBE E IL FUTURO EUROPEO

- di D. Rossi e L. Salimbeni

Basovizza è una frazione di Trieste che, parafrasan­do Churchill, produce più storia di quanta ne possa consumare. Ieri in questa borgata due Presidenti..

Basovizza è una frazione di Trieste che, parafrasan­do Churchill, produce più storia di quanta ne possa consumare. Ieri in questa borgata due Presidenti della Repubblica, l’italiano Sergio Mattarella e lo sloveno Borut Pahor, hanno visitato due monumenti collocati a poche centinaia di metri di distanza. La foiba, ove furono scaraventa­ti dai partigiani comunisti jugoslavi centinaia di triestini, spesso ancora vivi, durante i quaranta giorni di occupazion­e della città (1 maggio - 12 giugno 1945), a guerra terminata. Tale sito costituisc­e anche il simbolo per gli esuli istriani, fiumani e dalmati a ricordo delle migliaia di italiani tragicamen­te trucidati in quelle maledette cavità carsiche e fu Scalfaro nel 1992 a dichiararl­o Monumento nazionale. L’altro commemora l’organizzaz­ione Rivoluzion­aria Tigr, la quale negli anni Venti ricorse al terrorismo per cercare di annettere al Regno di Jugoslavia Trieste, Istria, Gorizia e Fiume (Rijeka in slavo, da cui la sigla), appartenen­ti alla sovranità italiana. In seguito a una serie di attentati il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato Fascista spostò la sua corte a Trieste, ove processò e condannò a morte quattro esponenti del Tigr. Da un lato Pahor è il primo rappresent­ante di uno Stato successore della Jugoslavia a recare omaggio a una foiba, coerenteme­nte con le commemoraz­ioni cui ha preso parte in Slovenia in memoria dei connaziona­li eliminati dal comunismo titoista. D’altro canto Mattarella è il terzo Presidente della Repubblica a recarsi alla foiba di Basovizza dopo Cossiga e Scalfaro. Ma le vicende del confine orientale risultano complesse e difficilme­nte comprensib­ili soltanto con il vetusto schema fascismo/antifascis­mo. Ieri ricorreva pure il centenario dell’incendio del Balkan, l’edificio che ospitava nel centro di Trieste un albergo ed alcune associazio­ni slave. Il 13 luglio 1920 prese fuoco, al termine di una giornata di tumulti e dopo una sparatoria con morti e feriti italiani e sloveni. Tali incidenti iniziarono quando si seppe che a Spalato, città dalmata la cui sorte dopo la Prima Guerra Mondiale era ancora in bilico, due uomini della Marina Militare erano stati uccisi da nazionalis­ti croati. Il Balkan ieri è stato assegnato a una fondazione di carattere culturale costituita ad hoc nel cui consiglio di amministra­zione siederanno rappresent­anti della minoranza slovena in Italia e del governo sloveno. Risulta, però, ai sensi del Trattato di Osimo, ancora aperta la questione del risarcimen­to che la Slovenia deve all’italia, in quanto Stato successore della Jugoslavia, con riferiment­o ai beni abbandonat­i dagli esuli della Zona B. Le sofferenze non si possono cancellare. Le memorie devono essere rispettate, senza pensare di poter giungere ad una visione comune; bisogna conservarl­e ed accettarle, cercando di guardare al futuro, non dimentican­dosi il passato. Oggi il porto di Capodistri­a cerca di fare sistema con quelli di Trieste, Venezia e Ravenna, mentre Nova Gorica si candida a Capitale Europea della Cultura 2025 insieme a Gorizia. Tali sinergie rappresent­ano un progetto comune per quest’area di frontiera, in cui l’europa dovrà necessaria­mente giocare un ruolo decisivo e nevralgico.

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Memoria Un momento dell’incontro di ieri

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