Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Poteva essere una strage» Bomba nella sede della Lega anarchico a processo
Finirà di fronte alla Corte d’assise di Treviso (prima udienza il 23 novembre) e rischia l’ergastolo. «L’attacco avrebbe potuto provocare una strage», aveva detto il procuratore capo Bruno Cherchi un anno fa, comunicando l’arresto di Juan Antonio Sorroche, il 42enne anarchico spagnolo che secondo l’antiterrorismo di Venezia ha piazzato il doppio ordigno alla sede della Lega di Villorba, il famoso K3, nell’agosto del 2018. E Sorroche dovrà infatti rispondere dei reati di attentato per finalità terroristica e strage, che prevedono, in caso di condanna, fino al massimo della pena. Ieri il gup Barbara Lancieri ha infatti rinviato a giudizio l’uomo, che sta scontando già sei anni per condanne passate legate ad azioni dimostrative, per esempio contro la Tav.
Le bombe erano due: un’esca piccola, piazzata sul retro del K3, per attirare persone sul posto; quindi una pentola a pressione piena di polvere pirica e chiodi, attivabile con un filo piazzato sulle scale. Secondo la procura, dopo il primo scoppio sarebbero dovuti arrivare personale e politici della Lega o poliziotti (che pare fossero i principali obiettivi) per venire travolti dalla seconda esplosione. E a incastrare Sorroche ci sarebbe una traccia biologica rinvenuta sui fili dell’ordigno, probabilmente di sudore, e anche su una delle due buste inviate ai giornali come rivendicazione dell’atto.
La difesa però la vede in modo ben diverso. Il suo avvocato Giampietro Mattei, nel corso dell’arringa, ha infatti evidenziato che la prova del Dna sarebbe labile. Nelle relazioni della polizia scientifica si parla infatti di centesimi di nanogrammi di materiale biologico analizzato. «Troppo poco», secondo il legale. Inoltre a suo dire l’ordigno non avrebbe potuto causare nessuna strage: intanto perché il sistema di innesco avrebbe causato una prima esplosione che avrebbe dovuto accendere una miccia a lenta combustione, facendo passare diverse decine di secondi prima del secondo botto; poi perché nella pentola c’erano una polvere a basso potenziale e dei chiodi di legno chiusi in un cartone; infine perché erano stati messi dei nastri con scritto «bomba» sulle scale. Quanto al primo ordigno aveva solo un po’ annerito la porta e nessuno se ne era accorto. (a. zo.)