Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
‘ndragheta, in aula il «sistema» del riciclaggio
Carte false e società di comodo: l’imputato Biasion racconta la corsa in Veneto dei Bolognino
Inchiesta «Camaleonte», doppio processo di ‘ndrangheta ieri a Padova e a Venezia. In laguna si è tenuta la prima udienza preliminare davanti al gup Luca Marini, dove compaiono 31 imputati del processo che ha alzato il velo su minacce, estorsioni, false fatture e riciclaggio al servizio della ‘ndrangheta. Le indagini, portate avanti dai carabinieri di Padova, erano partite da un’aggressione avvenuta davanti alla GS Scaffalature di Galliera Veneta nel 2013. Fu la denuncia di Stefano Venturin e della moglie Mariagiovanna Santolini, entrambi trevigiani, a portare gli investigatori sulla strada del clan Grande Aracri, radicalizzato in Veneto nelle province di Padova, Vicenza e Venezia e guidato, questa l’accusa, dai fratelli Sergio e Michele Bolognino.
Dei 44 imputati 31 hanno scelto il rito abbreviato, l’altro filone invece è stato ulteriormente spezzato in due tronconi: a Padova è partito il processo per associazione a delinquere di stampo mafioso, a Venezia altri indagati affronteranno il processo per associazione a delinquere finalizzata alle false fatture e al riciclaggio.
Oggi davanti al giudice per l’udienza Marini hanno rilasciato dichiarazioni spontanee Antonio De Pasquale (Crotone), Tobia De Antoni (San Vito al Tagliamento), Salvatore Richichi (Crotone), Mario Megna (Crotone), Francesco Bolognino (Locri), Agostino Clausi (Crotone), Mario Vulcano (Cutro) e Gaetano Blasco (Crotone), tutti accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, minacce, estorsioni e riciclaggio. Tutti gli imputati si sono dichiarati estranei alla cosca di riferimento Grande Aracri. A Padova invece si è celebrato il dibattimento a carico degli imputati per associazione mafiosa. Testimone dell’accusa il piovese Adriano Biasion, imputato per associazione mafiosa, ai domiciliari, che ha ricostruito davanti al pm Paola Tonini e al collegio le fatture false prodotte per «coprire» il presunto riciclaggio messo in opera dal clan.
Raffica di denunce nella Bassa Padovana: nel fine settimana i carabinieri di Este sono stati impegnati in una serie di controlli per contrastare la guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti. Sette tra i 21 e i 51 anni sono stati indagati in stato di libertà. Il più anziano, un uomo residente a Montagna, aveva in auto quasi 7 grammi di cocaina e gli è stata ritirata la patente perché si è rifiutato di sottoporsi ai test tossicologi. Un romeno di 48 anni di Vighizzolo, visibilmente ubriaco, non ha voluto fare l’alcol test: per lui oltre alla sospensione della licenza di guida è scattata la denuncia. Per identico reato è finito nei guai un ventottenne di Noventa Vicentina. (a.pist.)