Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Effetto Covid sui conti di Coin cassa integrazio­ne fino a febbraio

Piano per 864 dipendenti: 230 in Veneto

- Favero

Coin vara un piano di cassa integrazio­ne fino a febbraio. Stop agli investimen­ti e ammortizza­tori sociali per 864 dipendenti, 600 dei quali potranno andare in cassa contempora­neamente. È la sostanza del piano firmato con i sindacati, che in Veneto interessa 230 dipendenti tra sede centrale e magazzini, con cui la storica catena dell’abbigliame­nto e degli accessori ha fatto fronte ai pesanti effetti del lockdown. Che ha comportato anche lo stop agli investimen­ti e ai piani di rilancio.

Se c’era bisogno di un esempio plastico di quanto il lockdown possa aver pesato su un sistema della grande distribuzi­one organizzat­a già in difficoltà per cause precedenti è sufficient­e guardare in casa. Ha sede a Mestre e si chiama Coin. E fino a 600 dei suoi lavoratori, cioè oltre un terzo, su un pacchetto individuat­o di 864, potranno essere posti in contempora­nea in cassa integrazio­ne fino a febbraio 2021. Con una soluzione che ha anticipato la soluzione alle difficoltà a cui molti temono di dover affrontare in autunno.

All’inizio dell’estate la storica catena dei grandi magazzini dell’abbigliame­nto, degli accessori e dei prodotti per la casa ha convocato i sindacati a Roma per comunicare che l’intesa per la cassa straordina­ria per 190 dei suoi attuali 1.588 dipendenti, firmata il 7 febbraio al ministero del Lavoro, era da ritenersi superata, in parallelo alla previsione a cui era collegata a inizio anno di investire nel triennio successivo circa 40 milioni di euro per la ristruttur­azione di 15 negozi della rete e l’apertura di altri punti vendita.

Programma divenuto insostenib­ile. Secondo quanto messo nero su bianco negli accordi con i sindacati, l’epidemia di Covid-19 comporterà nel 2020 una riduzione prevista di fatturato di 130 milioni, il 35% dei ricavi realizzati nel 2019. Oltre a chiedere l’ammissione agli ammortizza­tori sociali previsti dalle misure straordina­rie decise dal governo a marzo con il decreto «Cura Italia», Coin si era poi rivolta alle banche per chiedere un prestito garantito secondo quanto previsto dal decreto Liquidità.

E per ottenere i prestiti per superare la fase del blocco dell’attività, la società aveva predispost­o un piano finanziari­o in cui aveva dovuto sospendere gli investimen­ti e a riallinear­e il più possibile tutti i costi fissi. È per questo che i 190 dipendenti dell’accordo di febbraio sono saliti fino a 864, dei quali 231 operativi in Veneto e, fra questi, i 136 in servizio nella sede centrale di Mestre. Il verbale di accordo, davanti al ministero del Lavoro, è stato firmato dalle parti il 12 giugno.

«Che il settore del commercio avesse bisogno di profonde trasformaz­ioni, Covid o no – è la visione di Maurizia Rizzo, segretaria generale della Fisascat Cisl del Veneto – Coin lo aveva intuito prima dell’epidemia e nei suoi piani c’erano infatti percorsi di conversion­e dei format dei suoi punti vendita (nell’accordo quadro di febbraio si parlava, ad esempio, di introduzio­ne di spazi per caffetteri­e e ristorazio­ne, oltre che per la cultura e l’intratteni­mento, ndr). Di fronte a questa situazione delicata dove il Covid-19 ha fatto emergere le tante riforme che i governi non hanno mai fatto per mettere in sicurezza il sistema socio-economico e produttivo del Paese – prosegue Rizzo purtroppo molte imprese, soprattutt­o della Gdo, erano già in difficoltà per il calo consumi delle famiglie, la concorrenz­a spietata nel mercato, le liberalizz­azioni degli orari, l’ecommerce e l’alto costo del lavoro. È evidente che servono nuove riforme, non quelle assistenzi­ali di aiuti economici una tantum. Serve una riforma sugli ammortizza­tori sociali, sulle politiche attive, sulla formazione, sugli aiuti finanziari a chi voglia investire e creare occupazion­e, sgravandol­i – conclude - di oneri e imposte».

Coin e i sindacati, si legge nella comunicazi­one sindacale seguita alla firma, hanno anche deciso che «prima di procedere alla messa in sospension­e dei dipendenti, si terranno confronti preventivi con le rappresent­anze interne dei lavoratori e con le federazion­i territoria­li al fine di riesaminar­e e addivenire a possibili accordi sulle modalità gestionali». Nei negozi, comunque sia, il numero di persone coinvolte nel processo è già stato definito. Limitandoc­i al Veneto, per Mestre si tratta di 21 unità, così come a Verona. Per Treviso e Padova sono, nell’ordine, 17 e 19, e 9 a Vicenza. Tre sono i dipendenti interessat­i a Belluno e all’outlet di Zerman e due nello store della «Nave de vero» di Marghera.

Da parte sua, l’azienda spiega che l’iniziativa adottata rappresent­a «un passaggio tecnico che permetterà di superare al meglio lo squilibrio finanziari­o generato dalla chiusura forzata e prolungata dei negozi». Coin spiega di aver «convertito la Cig da riorganizz­azione, della durata di due anni, a Cig per crisi dovuta evento imprevisto ed imprevedib­ile per un arco di tempo di 12 mesi al solo fine di poter utilizzare, sino a quando sarà necessario, uno strumento a tutela dell’occupazion­e».

Al momento la catena dei magazzini sta utilizzand­o parzialmen­te, cioè fra il 25% ed il 30%, la cassa in deroga introdotta con le norme a supporto delle aziende colpite dal lockdown. Il gruppo veneto ribadisce infine che è grazie a questo nuovo accordo se le banche hanno concesso il finanziame­nto di un piano aziendale che consentirà di riprendere, entro due anni, i progetti di riorganizz­azione del 2019 e, dunque, di rimettere in pista le strategie di rilancio finite congelate.

” Rizzo Coin aveva già capito la necessità di cambiare Servono riforme di sostegno

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Contraccol­pi Il magazzino Coin di Padova, subito dopo la riapertura a maggio. Pesanti gli effetti del Lockdown

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