Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

QUELLO CHE IBIZA INSEGNA

- Di Eugenio Tassini

Alla fine il governo ha chiuso le discoteche (il giorno dopo Ferragosto, pare uno scherzo), ed è travolto dalle polemiche di chi voleva tenerle aperte (i gestori, qualche politico come il leader della Lega Matteo Salvini, Giovanni Toti o Massimilia­no Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, ma anche Luca Zaia è perplesso- «non è così che si risolve il problema, sono attività produttive, e soprattutt­o qui da noi pesano tanto, anche a livello occupazion­ale» ) ma anche di chi era favorevole alla decisione (come Maurizio Fugatti, presidente della provincia di Trento, che ha vietato il ballo in tutti i locali). Perché è arrivata tardi, perché era ipocrita aprirle ed è ipocrita anche chiuderle (soprattutt­o per i tempi), perché il nodo vero è un altro. Cioè come convivere (in attesa del vaccino) con il Covid. Fra la spensierat­ezza di chi pensa che il virus sia clinicamen­te morto e la pesantezza di chi si sente in pericolo anche sull’autobus. Fra il timore di ritrovarsi con gli ospedali di nuovo pieni di malati e la necessità di salvare la nostra economia, stretti in una tenaglia infernale, o in un dilemma crudele. La verità è che la vicenda delle discoteche è esemplare del nostro modo tutto italiano di affrontare il virus. Severissim­i, forse anche troppo, nell’emergenza.

Che il governo ha affrontato bene. Ambigui, forse anche un po’ furbi, nella seconda. Con le Regioni ognuna per la sua strada, e il Governo più titubante nelle scelte e nelle riaperture. Perché il nostro problema non sono solo le discoteche (che andavano chiuse, anzi, non andavano riaperte). Sono anche la movida, i mezzi pubblici pieni, i ristoranti che centimetro dopo centimetro si sono mangiati le distanze, i treni regionali fuori controllo, i bar che hanno ancora una porta per entrare e una per uscire ma i clienti entrano e escono come vogliono, quelli che entrano senza mascherina («ma ci metto un attimo») e così via. L’assenza di rispetto delle regole quotidiane e l’assenza di controlli severi e costanti, una ricetta che ci ha portato qui, ai nuovi contagi. Allora val la pena cominciare dall’inizio, cioè dalla vera domanda: cosa è una discoteca? La risposta di Linus, direttore di Radio deejay, uno che di discoteche se ne intende, che lì ha costruito il suo successo, è esemplare: «Ma chi poteva pensare che potessero aprire e non avere assembrame­nti», ha scritto su instagram. E ancora: «Ma come puoi pensare che la gente in un locale non faccia quello per cui c’è andata, cioè stare insieme? Perché le avete riaperte, eravate ubriachi?». Linus fa di più e cita Ibiza, capitale delle discoteche europee. Bene, a Ibiza le discoteche hanno non hanno nemmeno aperto quest’anno, anche se sono il principale motore dell’economia locale dagli anni Ottanta. Eppure la più importante discoteca ibizenca, l’ushuaia, reagì così alla decisione del governo: «Questa è la decisione giusta vista l’emergenza Covid. Questo è il momento di essere responsabi­li, mettendo la salute e la sicurezza dei nostri ospiti, del nostro staff, dei dj in cima a qualunque altra consideraz­ione. Ci vediamo nel 2021». Non hanno reagito così le nostre. I gestori parlano di delitto perfetto. Gianni Indino, presidente regionale emiliano Silb e presidente provincial­e di Confcommer­cio Rimini sostiene che «non c’ è una sola evidenza epidemiolo­gica» che i nuovi contagi arrivino dai loro locali. «Ci sono contraddiz­ioni -sottolinea il direttore dei Pubblici Esercizi di Padova Filippo Segato - Si continua a bastonare duramente tutto il settore, mentre, nello stesso tempo, in Veneto, si elimina il distanziam­ento di un metro tra i clienti conviventi nei bar, nei ristoranti e, quindi, anche nei locali da ballo, anche se questi dovranno restare chiusi. I titolari dei locali non sanno più quali direttive seguire. Regna il caos». Hanno ragione i gestori delle discoteche quando rilevano un trattament­o diverso (e soprattutt­o quando chiedono di essere economicam­ente aiutati) ma hanno torto quando sostengono che andava tutto bene. Non andava tutto bene, non poteva andare tutto bene malgrado i loro sforzi, basta guardare le foto pubblicate su instagram e facebook da chi ci è andato. E poi: ma davvero si può pensare di andare in discoteca con la mascherina? O che si può ballare distanziat­i di due metri? E’ come pensare che sia possibile una movida col distanziam­ento, una sagra senza folla, il calcio senza tifosi, le maratone senza appassiona­ti. E allora: se dobbiamo convivere con il virus ancora per un po’ dobbiamo essere meno superficia­li, e soprattutt­o più seri. Magari con un po’ più di fantasia e di coraggio. Non si può fare le stesse cose di prima, ma se ne possono inventare di nuove.

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