Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cattolica, il tribunale affronta l’ostacolo decisivo all’aumento di capitale Ieri l’udienza: attesa per l’esito sulla richiesta di stop
La violazione dei diritti dei soci è oggettiva e il danno c’è, perché intanto in Cattolica è passata la spa, e, tra aumento di capitale e trasformazione, Generali entra con un’operazione vietata dalla legge. Il danno ai soci, con l’aumento di capitale, non c’è; e non va sospeso, perché quello vero toccherebbe la tenuta della società assicurativa di fronte a una ricapitalizzazione saltata.
È arrivato al passaggio decisivo, lo scontro in Cattolica per fermare l’aumento di capitale e la trasformazione in spa. Così ieri a Venezia, in un Tribunale delle imprese ancora deserto per le vacanze, nell’udienza davanti al giudice Lina Tosi, i 34 soci contrari all’aumento di capitale da 500 milioni e alla spa, guidati da Germano Zanini e dall’istituto diocesano per il sostentamento del clero di Verona (avvocati Ilario Giangrossi, Giuseppe Colombo, Francesco Mercurio e Domenico Menosulle rello), e Cattolica (con i legali Mario Cera, Matteo Rescigno e Matteo De Poli) hanno messo sul tavolo le loro tesi.
Passaggio decisivo, soprattutto rispetto all’eventuale sospensiva, su cui il giudice Tosi si è riservato ieri di decidere, della delibera di aumento di capitale approvata a giugno. Perché con un’autorizzazione Ivass, l’autorità di vigilanza
assicurazioni, sulla trasformazione in spa non ancora arrivata, potrebbe essere questo l’unico vero elemento capace di fermare l’aumento di capitale e l’alleanza con Generali, più che una sentenza che arriverà probabilmente fuori tempo massimo.
Dunque, per i legali dei ricorrenti le violazioni delle regole d’informazione dei soci sono chiare ed è vano discutere del fatto che i ricorrenti sono 34 su 18 mila, perché nel frattempo è passata la spa. E il diritto d’opzione, per i ricorrenti, è una delle prerogative centrali dei soci e non si può limitarlo senza spiegare. Ma oltretutto ancora, secondo i legali, non si può dire che se si sospende l’aumento di capitale Cattolica non sopravvive, perché la sottoscrizione che porta Generali in Cattolica violerebbe l’articolo 2527 del codice civile, che vieta alle cooperative di far diventare soci aziende concorrenti. «Generali non può entrare in
Cattolica fino al 31 marzo 2021: devono attendere la trasformazione in spa», riassume l’avvocato Giangrossi.
La replica di Cattolica parte con l’avvocato Cera. Che ha in sostanza dichiarato le violazioni del tutto inesistenti. Visto che Generali paga, con i 5,55 euro offerti, un prezzo superiore a quello di mercato di Cattolica e che il diritto d’opzione viene limitato e non escluso. Limitazione per cui c’è un motivo valido, di fronte alla lettera Ivass, che impone un aumento di capitale da 500 milioni entro settembre, che fa crollare nell’immediato il titolo del 34%. «E in tutto questo Generali che c’entra?», s’è chiesto Cera, affermando la strumentalità di un ricorso che vede «Generali come un orco».
Ma il centro della tesi di Cattolica contro la sospensione dell’aumento viene da Rescigno.
Secondo cui la regola per decidere è di comparare il pregiudizio in senso economico. La linea è: quello dei ricorrenti sulla limitazione del diritto d’opzione vale 280 mila euro e si confronta con i rischi di una ricapitalizzazione mancata che mette a rischio la società. «Non c’è partita: la stessa sopravvivenza non può valere meno del sacrificio economico di 34 ricorrenti», ha in sostanza affermato Rescigno. Ma Cattolica è anche una cooperativa in cui ballo ci sono anche il valore mutualistico e della democrazia cooperativa; e infatti non si parla di danno ma di pregiudizio. La parola decisiva, a questo punto, spetta al giudice Tosi.