Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Romiti e i veneti «Lui ammirava le nostre aziende»
Il top manager e gli industriali del Nordest, tra scontri e amicizie
La Fiat. Ma anche il suo ruolo di «ambasciatore» tra Italia e Cina. Cesare Romiti, scomparso ieri, ha avuto un rapporto forte con il Veneto. Tra amicizie e scontri. «Ma lui ammirava le nostre imprese».
Quando, presente ad una tavola rotonda, ascoltò alcuni imprenditori veneti elencare tutte le loro ragioni secondo le quali la progressione dell’economia cinese avrebbe rappresentato un problema sempre più forte, Cesare Romiti osservò con calma: «Io capisco tutto, comprendo le difficoltà. Sia chiara però una cosa: il Veneto e l’italia hanno bisogno della Cina. Ma la Cina può far benissimo a meno dell’italia e del Veneto». Accadeva nel 2008, ad Altavilla Vicentina, in occasione di un incontro promosso dalla Business School del Consorzio universitario Cuoa, presieduto allora da Vittorio Mincato, allo scopo di avviare una partnership con la Fondazione Italia-cina di cui Romiti era a capo.
Dello storico top manager della Fiat, oltre che ex presidente del gruppo Rcs, scomparso ieri all’età di 97 anni, possono essere elencati decine di episodi che hanno contraddistinto un lungo rapporto, il suo, con l’imprenditoria del Nordest. La questione della diffidenza, se non proprio ostilità, del sistema economico di casa nostra nei confronti del gigante asiatico, è tra i temi che più riecheggiano nei ricordi. Come lo è il rapporto un po’ controverso tra la Fiat dove Romiti ha lavorato per ben 24 anni tra i Settanta e i Novanta - e il Nordest dell’industria, che proprio in quello stesso periodo stupiva mezzo mondo con la sua crescita. Il gigante e piccoli (non di rado suoi fornitori), spesso insofferenti.
Smessi i panni del protagonista al vertice dell’impresa più importante d’italia, negli anni Duemila ha solcato dunlogia que più volte le strade del Veneto da promotore delle nuove Vie della Seta e dell’abbraccio con il gigante asiatico. Confrontandosi con schiere di industriali che continuavano a vedere più minacce e fatica che opportunità nel Far East. Una percezione che però si evolveva: partecipando ad un evento questa volta organizzato da Unindustria Treviso nel 2011, Romiti ebbe modo di constatare come gli imprenditori si fossero resi conto delle potenzialità delle relazioni con Pechino. In un solo anno le esportazioni trevigiane verso la Cina erano raddoppiate. «Nessuna sorpresa – commentò - perché è vent’anni che il Paese cresce e di sicuro non smetterà. Per questo dico alle imprese di non pensare nemmeno a insediare stabilimenti in Cina con l’idea di riportare in Italia i prodotti: costruite lì e vendete lì».
Ma il suo interesse, quasi affascinato, per la capacità veneta di proiettarsi sui mercati internazionali risaliva a diversi anni prima. A ricordarlo è Mario Moretti Polegato, presidente di Geox. «Era sorpreso, quasi non riuscisse a trovare una spiegazione, per il fatto che il Nordest esportasse molto più del Nordovest. Cesare Romiti mi fu presentato direttamente da Gianni Agnelli all’inizio degli anni Novanta, quando Geox era quasi agli esordi. Venne in più occasioni a visitare l’azienda – prosegue Moretti Polegato – e mi colpì la curiosità che dimostrava verso tutto quello che oggi definiremmo ‘tecno indossabile’. E si stupiva per l’inventiva genuina di cui scorgeva traccia in molti esempi di nuovi prodotti che uscivano dalle imprese venete». Deve aver giocato anche questo se, da presidente di Rcs, tornò un giorno a confrontarsi con il patron di Geox chiedendogli un impegno concreto nel far nascere, assieme al sostegno di altri industriali della regione, questo giornale, ovvero il Corriere del Veneto. Cosa che puntualmente avvenne nel novembre del 2002.
E tutta veneta, infine, è una schermaglia che lo contrappose, tre anni più tardi, al presidente di Save. Rastrellando azioni sul mercato, Enrico Marchi cercò di scalare Gemina, holding di controllo degli Aeroporti di Roma di cui Romiti e i suoi figli erano i soci di riferimento. Anche in quel caso, uno schieramento quasi simbolico: Marchi nelle vesti del veneto che vuole farsi largo nel «salotto buono» (e Gemina, insieme a Mediobanca, lo era per antonomasia), l’ex gran capo della Fiat nei panni del rappresentante di un capitalismo che comandava a Milano e nella capitale. La scalata fallì, Marchi parlò di vittoria dei «poteri forti», ma alla fine Gemina, con gli Aeroporti di Roma, finì nelle mani dei Benetton. Cioé prese sempre la direzione del Veneto.
Polegato Me lo presentò Agnelli, visitò più volte Geox: era curioso della tecnologia indossabile E non si capacitava dei successi delle nostre imprese