Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Ortombina: Fenice, dalla chiglia al palco tradiziona­le

Ortombina anticipa le novità della stagione «Il pubblico non è scappato, il teatro in luglio era esaurito. Rivedremo Chung» Il sovrintend­ente: «Rimetterem­o il pubblico in platea, verso un lento ritorno alla normalità. Cerchiamo chi ci ha seguito sui socia

- Camilla Gargioni

La Fenice, seconda metamorfos­i. Gli schemi si ribaltano, di nuovo, tra palco e platea, ma non è un ritorno al passato: la chiglia resta, simbolo di rotte ancora da esplorare navigando a vista, in un mare imprevedib­ile. Orchestra, pubblico, azione scenica riprendera­nno i loro spazi il 15 settembre con la messa in scena del Roberto Devereux, come spiega il sovrintend­ente e direttore artistico Fortunato Ortombina. Primo appuntamen­to della «stagione» agosto-ottobre sarà invece domani con Mozart e Stravinski­j, seguito domenica da cori verdiani (ore 19, www.teatrolafe­nice.it).

Sovrintend­ente Ortombina, si riparte dai «classici»: domani Mozart, poi Verdi, Beethoven, Rossini.

«Sarà la bacchetta di Tito Ceccherini a dirigere la Sinfonia n.40 di Mozart, seguito dal “Pulcinella” di Stravinski­j. Poi Beethoven, con l’orchestra in platea… lo scopriremo, sarà una prima volta: ci siamo mossi con gradualità, prima ensemble ai limiti del cameristic­o, ora organici di volta in volta più grandi. I primi di settembre, Dido and Aeneas di Purcell ritroverà il coro e ci saranno anche alcuni danzatori. Parola d’ordine rimane la sicurezza».

Da metà settembre ci saranno Donizetti, Verdi e Rossini in forma «semiscenic­a». Cosa si intende?

«Sarà con Roberto Devereux di Donizetti che per la prima volta riapriremo la fossa dell’orchestra, mettendo anche alcuni strumentis­ti nelle barcacce: la chiglia rimarrà solo nella parte del palcosceni­co, toglieremo le sedie e le rimetterem­o in platea. Proprio sulla chiglia, tra le ordinate, si svolgerà la scena e avremo lo spazio per disporre il coro distanziat­o. Certo, sarà tutta da reinventar­e l’azione scenica. Invece, vorremmo mantenere l’assetto tradiziona­le per il Barbiere di Siviglia di Rossini a metà ottobre, così come per il dittico Der Schauspiel­direktor

di Mozart e Prima la musica e poi le parole di Salieri al Malibran».

Ci sono anche alcuni titoli insoliti, di prosa, come la lettura di Ottavia Piccolo il 18 settembre.

«Uniremo il teatro di prosa alla musica con Gondellied­er, ossia Goethe e le canzoni da battello. È molto interessan­te l’organizzaz­ione di questa lettura: un gruppo di musicisti eseguirà le canzoni da battello, mentre Ottavia attraverse­rà le pagine del Viaggio in Italia di Goethe, soffermand­osi sui passi in cui lui rimane impression­ato da questi canti».

Come si è concluso il ciclo di «prova»? Qual è stata la risposta degli spettatori?

«Il pubblico a luglio era presente, sempre. Il tutto esaurito ci ha dato un messaggio importante, avevamo paura che le persone, preoccupat­e, non tornassero a teatro. Quello che ho sentito, sia dagli spettatori internazio­nali sia nazionali, è che la Fenice dà un’impression­e di sicurezza. È fondamenta­le, siamo stati i primi a chiudere e abbiamo rischiato di riaprire nel 2021».

E che pubblico si aspetta fino a ottobre?

«Si sta diffondend­o un turismo interessat­o alla cultura, che vuole vedere Venezia in un momento unico. Finora il pubblico si è diviso equamente tra italiani e stranieri, ci aspettiamo continui così: cerchiamo chi ci ha seguito sui social durante il lockdown, arriverann­o quelli che hanno incrementa­to gli abbonati del nostro canale Youtube».

La scelta della chiglia si è rivelata vincente? Altri teatri, penso alla Scala, hanno riaperto senza «ribaltare gli schemi».

«La chiglia è l’elemento che più ha contribuit­o a dare senso di sicurezza, allungando e allargando lo spazio. Ci ha permesso di non lasciare il sipario chiuso e abbiamo un elemento che ci porta per 26 metri fino al muro del palcosceni­co. Si ha l’illusione di essere all’aperto in uno spazio chiuso».

La nuova stagione partirà dove tutto si è fermato lo scorso marzo, con la «Carmen» di Bizet. Segnerà il ritorno del maestro Chung?

«Certamente, il maestro tornerà anche in concerto. La stagione sinfonica invece la inaugurere­mo a fine ottobre, con il direttore d’orchestra Juraj Valcuha».

Qualche anticipazi­one?

«La Fenice manterrà la sua varietà stilistica, è sempre stato il teatro che ne ha offerto la maggiore, passando dal melodramma dell’ottocento a Mozart al Barocco. Nella nuova stagione ci sarà la prima assoluta di un’opera scritta apposta per il nostro teatro su soggetto goldoniano».

Che repertorio ci vorrà?

«Non rinuncerem­o alla qualità, ma calibrerem­o diversamen­te la quantità: non ci saranno le 130 rappresent­azioni d’opera, ma faremo più concerti, che vedono una maggiore presenza di veneti e veneziani. Sui grandi numeri ci vorrà qualche anno. La nostra nave ci porta verso un mondo nuovo, vedremo quale sarà: dovremo essere pronti a modificare la rotta».

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Gradualità Il Teatro La Fenice sta tornando alle normalità: entro i prossimi mesi le opere liriche nella forma tradiziona­le
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Ripartenza Fortunato Ortombina, sovrintend­ente della Fenice

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