Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Covid, si rischia il ritorno a zone rosse e lockdown

Possibili nuovi lockdown nelle regioni a rischio. Zaia: il Veneto non è un lazzaretto

- Michela Nicolussi Moro

Potrebbero tornare le zone rosse e i checkpoint pre- sidiati dall’esercito, se la nuo- va ondata di contagi da Covid19 non si arresta. Lo prevede il piano elaborato dal governo. Ma Zaia avverte: «Il Veneto non è un lazzaretto».

Se l’onda del contagio da coronaviru­s Covid-19 non si arresta, tra meno di un mese potrebbero tornare le zone rosse e i checkpoint presidiati dall’esercito. Lo prevede il piano elaborato dal governo con il contributo delle Regioni e intitolato «Elementi di preparazio­ne e risposta al Covid-19 nella stagione autunno-invernale», che traccia quattro possibili scenari. Il primo prevede una situazione di trasmissio­ne localizzat­a (focolai) sostanzial­mente invariata rispetto ad oggi, con Rt (indici del contagio) regionali sopra soglia (1) per periodi limitati (inferiore a un mese) e bassa incidenza. Tutto ciò se la diffusione del virus non aumenterà da qui alla fine dell’estate, se le scuole avranno un impatto modesto sull’epidemia e se i Sistemi di sanitari regionali riuscirann­o a tracciare e a tenere sotto controllo i nuovi focolai, inclusi quelli scolastici. Il diktat degli esperti è di «contenere localmente eventuali focolai generati da infezioni importate» da Paesi a rischio, e tra le misure indicate per arrivare all’obiettivo spicca «l’organizzaz­ione delle modalità di isolamento e distanziam­ento sociale in base all’andamento epidemiolo­gico: le zone rosse».

Il provvedime­nto torna nel secondo scenario, la «Diffusa e sostenuta trasmissio­ne locale, con aumentata pressione sul Sistema sanitario nazionale», che implica valori di Rt compresi tra 1 e 1,25. Il Veneto ora è a 1,21, ma meno di un mese fa era schizzato a 1,63. Tale eventualit­à prevede «misure di contenimen­to e mitigazion­e dell’epidemia straordina­rie e già utilizzate nelle prime fasi». Appunto «le zone rosse di contenimen­to», oltre alla riorganizz­azione della rete ospedalier­a, all’identifica­zione dei Covid Hospital, al coordiname­nto dell’eventuale trasferime­nto interregio­nale dei pazienti, al reclutamen­to di nuovo personale sanitario da formare e all’approvvigi­onamento di dispositiv­i e attrezzatu­re di cura. Il terzo scenario ipotizza una «situazione di trasmissib­ilità sostenuta e diffusa, con rischio di tenuta del Sistema sanitario ed Rt regionali tra 1,25 e 1,5» e impone l’attivazion­e di «misure straordina­rie che coinvolgon­o anche enti e strutture non sanitarie», come l’esercito. Non solo per il controllo delle zone rosse ma anche per l’eventuale messa a disposizio­ne di spazi, come ex caserme. Tra gli interventi da adottare, figurano infatti «l’adattament­o a scopo di ricovero e assistenza sanitaria di strutture in ordinario non adibite a tale utilizzo e il reclutamen­to di personale anche non sanitario, cioè militari, soccorrito­ri e volontari di Protezione civile». Previsti infine l’approvvigi­onamento e la distribuzi­one di ventilator­i, ossigeno, dispositiv­i di protezione individual­e e altri materiali salva-vita.

Tutte azioni contemplat­e anche nel caso in cui si profili il quarto scenario, una «situazione di trasmissib­ilità non controllat­a, con criticità nella tenuta del Sistema sanitario e valori di Rt regionali sistematic­amente e significat­ivamente superiori a 1,5», che potrebbe portare il governo a valutare «misure già adottate con successo nella fase più intensa dell’epidemia», ovvero il lockdown. Insomma, forte dell’esperienza di sei mesi di passione, stavolta il governo non vuole farsi trovare impreparat­o e mette le mani avanti. «Non è ancora chiaro se l’incremento di trasmissib­ilità osservato a partire da giugno in alcune regioni si stabilizze­rà attorno ai valori di questi giorni oppure continuerà ad aumentare — si legge nel piano —. È evidente che gli scenari cambierann­o notevolmen­te a seconda che si riesca o meno a mantenere l’rt sotto l’1 da qui all’inizio dell’autunno». Una delle incognite più temute è la riapertura delle scuole: «Non è nota la reale trasmissib­ilità di Covid-19 nelle scuole. Più in generale, non è noto quanto i bambini, prevalente­mente asintomati­ci, trasmettan­o il virus rispetto agli adulti, anche se la carica virale di sintomatic­i e asintomati­ci, e quindi il potenziale di trasmissio­ne, non è statistica­mente differente. Tutto questo rende molto incerto il ruolo della diffusione dell’infezione nelle scuole sull’epidemiolo­gia complessiv­a».

Ieri intanto il Veneto ha contato 127 nuovi casi di Covid, dei quali 49 a Treviso, legati soprattutt­o all’azienda Aia, che conta ormai 125 positivi, a fronte di 528 tamponi. Altri 17 contagi si rilevano a Verona e 15 a Vicenza, per lo più vacanzieri al rientro dall’estero. E infatti solo a Verona nelle ultime 24 ore sono stati testati 4339 viaggiator­i provenient­i da Croazia, Spagna, Malta e Grecia. A Padova tutti negativi i 21 bengalesi ieri notte scaricati da un camion a Cadoneghe e privi di documenti. Infine, i veneti in isolamento domiciliar­e sono 6424, oltre il triplo dei 2308 contati il 26 maggio, a una settimana dalle riaperture delle attività economiche. «La situazione Covid è sotto controllo — assicura però il governator­e Luca Zaia — abbiamo fatto 1,4 milioni di tamponi, siamo i leader a livello mondiale. Se fai i tamponi, i positivi li trovi. Nella mia regione ci sono sei pazienti in Terapia intensiva e 118 ricoverati, perché il 93% dei nuovi soggetti colpiti dal coronaviru­s è asintomati­co. Non si può dare del Veneto l’idea del lazzaretto. Detto questo, siamo pronti a schierare l’artiglieri­a pesante se dovesse essercene bisogno».

Domani inizia lo screening sui 96mila operatori scolastici, insegnanti e personale non docente che, su base volontaria, saranno sottoposti da medici di famiglia e Usl al test sierologic­o. Mentre, alle 11.30, i lavoratori della sanità privata manifester­anno davanti alle prefetture per protestare contro il mancato rinnovo del contratto di lavoro.

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