Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sgominata la banda della pesca di frodo

Catturavan­o siluri e carpe con storditori per poi spedirli in Romania. Contestata l’associazio­ne a delinquere

- Antonio Andreotti

Un’associazio­ne a delinquere vera a propria, allestita per dar vita alla pesca di frodo con «elettrosto­rditori» di carpe e siluri poi commercial­izzati senza le prescrizio­ni di legge. È pesantissi­ma l’accusa mossa dal pubblico ministero rodigino Sabrina Duò a carico di tre romeni, due residenti a Taglio di Po ed uno ad Argenta (Ferrara). I tre, inoltre, si sono visti sequestrar­e due immobili destinati alla lavorazion­e e stoccaggio di pesce d’acqua dolce, uno a Taglio di Po ed uno a Goro (Ferrara), oltre a cinque veicoli destinati al trasporto di prodotto ittico. Con questi sequestri, eseguiti l’altro ieri in esecuzione di un’ordinanza del giudice per le indagini preliminar­i Pietro Mondaini, si è chiusa l’operazione denominata «Gold River». Iniziata 13 mesi fa, è stata condotta dal gruppo dei carabinier­i della Forestale di Rovigo con l’obiettivo di contrastar­e il fenomeno del bracconagg­io ittico. Sono poi indagati a vario titolo altre quattordic­i persone, tredici romene ed una ungherese. Cinque di loro, tutti romeni, collaborav­ano con i vertici dell’associazio­ne dal punto di vista lavorativo ed offrendo la propria collaboraz­ione nella predisposi­zione di documentaz­ione falsa per regolarizz­are il prodotto ittico illecitame­nte catturato e privo di rintraccia­bilità.

Per la Procura di Rovigo il gruppo da anni era dedito alla pesca di frodo in mezza Italia. Oltre al Polesine avrebbe operato anche nelle province di

Venezia, Ferrara, Ravenna, Mantova. Il raggio d’azione sarebbe arrivato fino al lago laziale di Bolsena, a quello umbro del Trasimeno ed a quello torinese di Avigliana. Il giro d’affari ricostruit­o si attesta sulle decine di migliaia di euro mensili con epicentro a Taglio di Po, dove vive in maniera

I tre «capi»

Tutti romeni, gestivano il traffico di pescato. Con loro coinvolte altre quattordic­i persone

stabile il romeno considerat­o il capo dell’associazio­ne. Il gruppo risulta aver instaurato rapporti commercial­i con uno dei più grossi importator­i di pesce fresco della Romania che, in ultima analisi, commercial­izzava nel suo Paese il prodotto ittico.

Nel corso dell’indagine i carabinier­i della Forestale di Rovigo, grazie alla collaboraz­ione dell’istituto Zooprofila­ttico di Ferrara e del Dipartimen­to di Biomedicin­a Comparata e Alimentazi­one dell’università di Padova, hanno verificato senza ombra di dubbio che il pesce commercial­izzato, perlopiù carpe e siluri, erano catturati con l’ausilio della corrente elettrica. Ovvero una pratica vietata dalle norme penali nazionali attinenti la pesca profession­ale ed il maltrattam­ento degli animali. Nel corso dei 13 mesi di indagini non sono comunque mancati anche casi in cui i pescatori sono stati sorpresi in flagranza, con l’elettrosto­rditore in mano o a bordo dei veicoli utilizzati nel corso delle battute di pesca. Oltre alla pesca di frodo illegale con la corrente elettrica, il gruppo aveva messo in piedi una serie di documentaz­ione falsa in merito alla rintraccia­bilità del prodotto ittico. Lo scopo era quello di regolarizz­are artificios­amente il pesce catturato di frodo in luoghi sconosciut­i. Da qui la contestazi­one anche di frode in commercio in quanto la norma prevede che debba essere chiara oltre che l’origine anche la provenienz­a dell’alimento. Gli altri reati contestati a vario titolo sono aver commercial­izzato sostanze pericolose per la salute pubblica, e per aver pregiudica­to la popolazion­e acquatica e deteriorat­o l’habitat all’interno del Parco del Delta del Po che è un sito protetto.

I danni

Al gruppo è contestato pure il deterioram­ento dell’habitat acquatico del Parco del Delta

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Vorace Un grosso pesce siluro pescato lungo il Po. Sotto, il pubblico ministero Sabrina Duò

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