Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sgominata la banda della pesca di frodo
Catturavano siluri e carpe con storditori per poi spedirli in Romania. Contestata l’associazione a delinquere
Un’associazione a delinquere vera a propria, allestita per dar vita alla pesca di frodo con «elettrostorditori» di carpe e siluri poi commercializzati senza le prescrizioni di legge. È pesantissima l’accusa mossa dal pubblico ministero rodigino Sabrina Duò a carico di tre romeni, due residenti a Taglio di Po ed uno ad Argenta (Ferrara). I tre, inoltre, si sono visti sequestrare due immobili destinati alla lavorazione e stoccaggio di pesce d’acqua dolce, uno a Taglio di Po ed uno a Goro (Ferrara), oltre a cinque veicoli destinati al trasporto di prodotto ittico. Con questi sequestri, eseguiti l’altro ieri in esecuzione di un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Pietro Mondaini, si è chiusa l’operazione denominata «Gold River». Iniziata 13 mesi fa, è stata condotta dal gruppo dei carabinieri della Forestale di Rovigo con l’obiettivo di contrastare il fenomeno del bracconaggio ittico. Sono poi indagati a vario titolo altre quattordici persone, tredici romene ed una ungherese. Cinque di loro, tutti romeni, collaboravano con i vertici dell’associazione dal punto di vista lavorativo ed offrendo la propria collaborazione nella predisposizione di documentazione falsa per regolarizzare il prodotto ittico illecitamente catturato e privo di rintracciabilità.
Per la Procura di Rovigo il gruppo da anni era dedito alla pesca di frodo in mezza Italia. Oltre al Polesine avrebbe operato anche nelle province di
Venezia, Ferrara, Ravenna, Mantova. Il raggio d’azione sarebbe arrivato fino al lago laziale di Bolsena, a quello umbro del Trasimeno ed a quello torinese di Avigliana. Il giro d’affari ricostruito si attesta sulle decine di migliaia di euro mensili con epicentro a Taglio di Po, dove vive in maniera
I tre «capi»
Tutti romeni, gestivano il traffico di pescato. Con loro coinvolte altre quattordici persone
stabile il romeno considerato il capo dell’associazione. Il gruppo risulta aver instaurato rapporti commerciali con uno dei più grossi importatori di pesce fresco della Romania che, in ultima analisi, commercializzava nel suo Paese il prodotto ittico.
Nel corso dell’indagine i carabinieri della Forestale di Rovigo, grazie alla collaborazione dell’istituto Zooprofilattico di Ferrara e del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’università di Padova, hanno verificato senza ombra di dubbio che il pesce commercializzato, perlopiù carpe e siluri, erano catturati con l’ausilio della corrente elettrica. Ovvero una pratica vietata dalle norme penali nazionali attinenti la pesca professionale ed il maltrattamento degli animali. Nel corso dei 13 mesi di indagini non sono comunque mancati anche casi in cui i pescatori sono stati sorpresi in flagranza, con l’elettrostorditore in mano o a bordo dei veicoli utilizzati nel corso delle battute di pesca. Oltre alla pesca di frodo illegale con la corrente elettrica, il gruppo aveva messo in piedi una serie di documentazione falsa in merito alla rintracciabilità del prodotto ittico. Lo scopo era quello di regolarizzare artificiosamente il pesce catturato di frodo in luoghi sconosciuti. Da qui la contestazione anche di frode in commercio in quanto la norma prevede che debba essere chiara oltre che l’origine anche la provenienza dell’alimento. Gli altri reati contestati a vario titolo sono aver commercializzato sostanze pericolose per la salute pubblica, e per aver pregiudicato la popolazione acquatica e deteriorato l’habitat all’interno del Parco del Delta del Po che è un sito protetto.
I danni
Al gruppo è contestato pure il deterioramento dell’habitat acquatico del Parco del Delta