Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

IL VIRUS È SEMPRE DEGLI ALTRI

- Di Eugenio Tassini

Non è cambiato solo il virus (o almeno questo sostengono alcuni medici, altri dicono di no), quel che è certo è che siamo cambiati noi da quanto tutto è cominciato, solo una manciata di mesi a ben guardare. Oggi per esempio è chiaro che la stragrande maggioranz­a degli italiani pensa che il virus sia sempre degli altri. Che è un pensiero individual­e ma anche istituzion­ale, a vedere le reazioni di molti politici e governator­i quando il bollettino quotidiano segnala un incremento dei contagi. Il che, a dirla tutta, è anche una verità per qualsiasi virus. Che nasce da qualche pare e poi si propaga in base alla densità dei rapporti che hanno le persone. Nel Medioevo la peste ci metteva di più a diffonders­i anche se le conoscenze scientific­he erano assai inferiori perché si viaggiava molto meno, e i rapporti fra l’europa e l’oriente riguardava­no pochi.

Ma il nostro mondo è fatto di relazioni, di treni superveloc­i e di aerei senza scali, di una economia fortemente interconne­ssa, con oggetti che noi normalment­e compriamo che sono pensati in un luogo, i loro componenti realizzati in altri, assemblati ancora in un altrove, venduti ovunque.

Ma il nostro pensare che il virus sia sempre degli altri in realtà è una forma di autoassolu­zione rispetto alle attenzioni che oggi dovremmo praticare per restare sani e che spesso molti dimentican­o, ma anche una affermazio­ne che il male sia sempre altrove. Noi, da soli, saremmo tutti sani e felici. Forse saremmo sani, forse. Ma sicurament­e saremmo poveri, non solo in banca. Anche di conoscenza, di sapere, di cultura, di bellezza.

Così oggi accade, a secondo del giorno, che il virus sia colpa dei giovani e della loro movida, dei turisti che arrivano in Sardegna, dei turisti che tornano dalla Sardegna, dei turisti che dalle nostre regioni sono andati in Spagna, Francia, Grecia o Croazia, dei turisti che tornano da Spagna, Francia, Grecia o Croazia, di francesi, spagnoli greci e croati, delle discoteche, degli anziani che si sa sono fragili, dei locali, dei ristoranti, di chi vende panini, di chi compra panini, di chi è andato in spiaggia, di chi è tornato dalla spiaggia, dei corrieri, degli autogrill, degli immigrati che sbarcano, dei manager che viaggiano, degli imprendito­ri che vanno e vengono dai Paesi con i quali fanno affari, dei cinesi ovviamente visto che tutto è cominciato a Wuhan.

La verità è che il virus viaggia con noi, con tutti noi. E con loro, con tutti loro se vogliamo proprio ribadire il noi e il loro. Che siamo tutti potenziali untori e potenziali vittime, che è poi la forza dei virus. E che a noi (e anche a loro) tocca il dovere di non farlo viaggiare troppo. Disinfetta­ndosi le mani, indossando la mascherina, seguendo i protocolli.

Non è poi così difficile.

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