Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La rivolta dei senza lavoro «Sì alle navi, Venezia è morta»
Portuali, agenti e negozianti in corteo. La politica si ritara
Portuali, trasportatori ma anche tassisti, albergatori, agenzie di viaggio, aziende di pulizia e commercianti: tutti insieme per chiedere il ritorno delle grandi navi a Venezia «per tornare a lavorare». Ieri la manifestazione a Punta della Dogana, tra bandiere sindacali e slogan e campagna elettorale.
Le sirene dei rimorchiatori si sentono fino alla Marittima, desolatamente vuota da mesi. La crociere ormai sono solo un lontano ricordo: «Vogliamo le navi, vogliamo lavorare, non vogliamo elemosina», gridano dal microfono di una delle barche che hanno occupato ieri mattina il bacino di San Marco e il canale della Giudecca. Trombe, fischietti, bandiere (i gondolieri fanno anche l’alzaremi); barche e lavoratori: un migliaio, «par tera e par mar», sottolineano. Non ci sono solo gli operatori portuali, ma tutto il mondo che vive con le crociere: dai tassisti alle agenzie di viaggio, dalle aziende di pulizia agli albergatori, fino ai commercianti. Una filiera economica con un valore che si attesta su oltre 400 milioni di euro tra spesa diretta e indotto. La riva di punta della Dogana è colorata dalle bandiere con il leone di San Marco e dei sindacati, i rimorchiatori marcano la presenza con le trombe. Tutti chiedono il ritorno delle grandi navi a Venezia, tagliata fuori dagli itinerari post emergenza sanitaria dalle compagnie che hanno preferito invece Trieste. Per loro le crociere sono lavoro, «il porto è vita», si legge in uno degli striscioni. «Il porto di Venezia è considerato il migliore del Mediterraneo e tra i migliori al mondo — sottolineano — ma nonostante ciò è del tutto ignorato dalla politica che dal 2012 segue unicamente la perdurante campagna mediatica denigratoria supportata da sponsor più o meno famosi che nulla sanno della realtà del nostro lavoro per mancanza di conoscenza dell’importanza economica e sociale che il porto riveste per il territorio».
La soluzione era stata indicata dal Comitatone del novembre del 2017: le navi più grandi a Marghera quelle più piccole alla Marittima, attraverso il canale Vittorio Emanuele (da scavare) in attesa della soluzione definitiva, fuori della laguna. Ma niente è stato fatto tra veti, rimpalli di responsabilità e governi diversi (Renzi, Conte con Lega e M5s, Conte a trazione Pd/5s). Oggi anche il candidato sindaco di centrosinistra (di una coalizione che comprende anche il polo rosso-verde) è d’accordo: «Subito Marghera, per evitare che le navi scappino definitivamente da Venezia», dice Pierpaolo Baretta, fischiato da alcuni manifestanti che poi hanno contestato tutti i politici per l’immobilismo di questi anni. «Noi lo diciamo da sempre, la soluzione è pronta da tre anni ma nessuno l’ha voluta attuare — attacca il sindaco Luigi Brugnaro —La salvaguardia dell’ambiente e la difesa dell’occupazione si possono coniugare». Lo ribadiscono uno dopo l’altro gli operatori in corteo. «Non c’è nessuna contrapposizione tra lavoro e città, vogliamo una soluzione che possa tutelare entrambi perché il problema oggi è l’accessibilità», dice Vladimiro Tommasini della cooperativa Portabagagli. Dei 160 lavoratori, 43 sono in cassa integrazione, gli altri non hanno neppure gli ammortizzatori sociali. Ci sono le Guardie ai fuochi, le agenzie marittime («Si applichi il decreto Clini-passera, fino a che non c’è la soluzione alternative le navi devono poter continuare ad arrivare, non è colpa dei lavoratori se il problema non è stato risolto ma della politica. Noi organizziamo tour in città, coinvolgiamo hostess, motoscafisti, alberghi, c’è un mono che ruota attorno alla croceristica»), le addette delle pulizie («Lavoriamo sette giorni su sette, 24 ore su 24, il problema non è solo economico ma sociale»), le vetrerie di Murano («C’è il deserto, l’80 dei lavoratori sono in cassa integrazione», dice Alessandro Biscontin ).
Se c’è, con tanto di bandiera, il direttore della Venezia terminal passeggeri (la società che gestisce le crociere) Galliano Di Marco è assente il commissario del Porto di Venezia (mentre qualche dipendente dell’autorità non è voluto mancare, «adesione personale», sottolinea Pino Musolino. «La manifestazione, di cui si condivide l’importanza si tiene in un momento storico delicato, a ridosso delle elezioni amministrative, e potrebbe sfociare su finalità non convergenti con gli interessi portuali e le funzioni istituzionali dell’ente, preposto, unicamente, allo sviluppo e al governo del sistema portuale», precisa il commissario. «Fuori le navi dalla laguna, si faccia un terminal esterno compatibile», insistono i No Navi («Erano ben lontani dai numeri annunciati trionfalmente», dicono dei manifestanti). «Ma senza la crocieristica e il suon porto, la città è morta», gridano gli operatori.