Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Oggi si abbatte la sola palazzina rimasta: spazio alla futura questura
Stesso mese, ma scenari diametralmente opposti. Dal possibile «punto di non ritorno» all’eliminazione (fisica oltre che simbolica) di un «pezzo» di storia della città. Il tutto nell’arco di quattordici, lunghi anni.
Nell’agosto del 2006, infatti, l’allora sindaco di Padova, Flavio Zanonato, all’indomani dell’ennesima notte di «guerriglia» tra pusher magrebini e nigeriani nel cortile del «Bronx» di via Anelli, fece costruire il celebre «muro anti-spacciatori» con l’obiettivo di «proteggere» i residenti della zona dal poco di buono che, da tanto, troppo tempo, accadeva all’interno del residence Serenissima, realizzato verso la metà degli anni Settanta per dare un alloggio agli studenti universitari «fuori sede». Una mossa, quella del «muro», che non solo valse a Zanonato l’appellativo di «sceriffo rosso», ma che specialmente contribuì ad accelerare lo sgombero di quelle sei palazzine alle spalle del polo commerciale di via Venezia, in totale quasi trecento mini-appartamenti, più o meno tutti abitati da immigrati nord e centro-africani e presto divenuti un immenso «covo» di spaccio e prostituzione e teatro di continui scontri con le forze dell’ordine, senza però dimenticare i subaffitti in nero, i posti letto venduti a ore e qualche amministratore di condominio, trattandosi di immobili privati, non sempre ligio ai propri doveri.
Ma oggi, a distanza appunto di quattordici anni da quella «caldissima» estate, che inevitabilmente diede al «ghetto» di via Anelli una ribalta nazionale (anzi, mondiale), la prospettiva sarà del tutto diversa. E forse non a caso, il protagonista del «cambio di rotta» tanto atteso sarà Andrea Micalizzi, vicesindaco da poco più di un mese e, nei giorni in cui il «Bronx» era ancora tale, presidente del Quartiere 3-Est, proprio quello in cui ricadeva il rione Stanga, con al centro la «polveriera» del Serenissima. Sarà infatti lui, delegato ai Lavori Pubblici di Palazzo Moroni, a «benedire» l’avvio della demolizione dell’ultima delle sei palazzine, conclusa la quale, tra un paio di settimane, l’intera area di via Anelli, di recente bonificata da una novantina di tonnellate di amianto, verrà ceduta allo Stato per realizzarvi, proprio lì dove una volta vigeva soltanto la «legge del più forte», la nuova sede della questura.
L’«intuizione», come noto, risale a poco più di due anni fa, quando il sindaco Sergio Giordani, che fino ad allora aveva seguito il «caso» di via Anelli solamente sulle pagine dei giornali, riuscì a convincere il direttore regionale dell’agenzia del Demanio, Dario Di Girolamo, e soprattutto il capo della polizia Franco Gabrielli a firmare un protocollo d’intesa dalla valenza «storica»: lo scambio tra Comune e Stato, pattuito a giugno del 2018, dell’ormai ex «ghetto» della Stanga, opportunamente raso al suolo, con l’ex caserma Prandina di corso Milano.
L’atto di permuta, a meno d’imprevedibili intoppi burocratici, verrà siglato entro la fine di ottobre. E così la «storia» di via Anelli, a cui qualcuno vorrebbe pure cambiare nome, resterà soltanto un «brutto ricordo».
Prima, però, bisognerà abbattere anche quel «muro» che da tempo ha smesso di svolgere la funzione per cui era stato costruito, simbolo di un passato che Padova e i padovani vogliono dimenticare in fretta. Per l’occasione, pare, gli abitanti del quartiere organizzeranno una vera e propria festa. E magari, per brindare alla fine dell’«incubo», si presenterà pure qualche «figlio» di via Anelli, tra i tanti adolescenti stranieri di seconda generazione che, nati e cresciuti nell’ex «Bronx», oggi sognano un futuro diverso.