Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I 500 mila troppo istruiti per l’impiego che hanno
LI chiamano «sovraistruiti» e in Veneto sono più di 500 mila: lavoratori che, per necessità, hanno un’occupazione inferiore al titolo di studio posseduto.
L’impiegato dell’ufficio amministrativo? Ha una laurea in Scienze politiche. Il barista del pub? È diplomato ragioniere. E avanti così: secondo un’elaborazione dell’ufficio studi Cgia di Mestre, nella nostra regione sono più di mezzo milione (un quarto del totale degli occupati) i cosidetti «sovraistruiti», cioè coloro i quali hanno sì un lavoro stabile, ma si tratta di un’occupazione per la quale il titolo di studio prevalentemente richiesto è inferiore a quello posseduto. Il contabile con la laurea, per l’appunto, o il camionista con un diploma. Per di più, nell’ultimo decennio la presenza dei «sovraistruiti» nel mondo del lavoro è cresciuta del 37%.
Questi dati si prestano a una duplice lettura. La prima deduzione: stando così le cose, è evidente che la qualità media dell’offerta di lavoro in Veneto è in generale piuttosto bassa, se così tante persone si accontentano di un’occupazione inferiore alle competenze acquisite con l’istruzione scolastica. Questa considerazione si intreccia con un altro problema, che sta diventando endemico di questo territorio: il Veneto cede capitale umano, a Paesi stranieri o alle regioni vicine (Lombardia ed Emilia su tutte), che evidentemente sono in grado di offrire ai nostri giovani, soprattutto se qualificati, prospettive migliori e una qualità dell’occupazione più elevata.
Una seconda conseguenza viene sottolineata da Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi Cgia: «La sovraistruzione degli occupati non va sottovalutata, perché molto spesso attiva alla lunga meccanismi di demotivazione e di scoraggiamento che condizionano negativamente il livello di produttività del lavoratore interessato e conseguentemente dell’azienda in cui è occupato. Il clima che si viene a creare può innescare delle situazioni di malessere generale che, diffondendosi tra i colleghi, può addirittura interessare interi settori o reparti produttivi, con ricadute molto negative».
L’unico antidoto esistente a questa situazione chiama in causa un’annosa questione: la distanza tra domanda e offerta di lavoro nonché tra le esigenze delle aziende e i percorsi scolastici. Molto spesso, infatti, se un laureato (o un diplomato) va a fare un lavoro da «sovraistruito», è perché il suo titolo di studio non risulta spendibile sul mercato del lavoro.
Detto tutto questo - avverte il segretario della Cgia, Renato Mason -, noi italiani rimaniamo tra i popoli meno scolarizzati d’europa: «La soglia dei laureati nella fascia tra i 25 e i 64 anni è al 19,6%, mentre la media europea supera il 33».