Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Schiavonia, scoppia la protesta

Trecento cittadini manifestan­o all’ingresso: «Ridateci il nostro ospedale»

- Pistore

L’usl assicura il ritorno alla normalità a fine mese, ma ieri davanti l’ospedale di Schiavonia circa 300 cittadini (e 5 sindaci) hanno protestato per i disservizi e le liste d’attesa lunghissim­e.

«Un abbraccio per salvare il nostro ospedale». Sotto questo slogan, circa 300 persone tra sindaci, politici locali, sindacalis­ti e cittadini della Bassa si sono dati appuntamen­to ieri mattina all’esterno del Madre Teresa di Calcutta, l’ospedale padovano simbolo dell’emergenza Covid, dov’è deceduto il 21 febbraio Adriano Trevisan, il primo morto di Covid in Italia, e che per mesi è stato l’hub più importante della provincia durante le fasi acute dell’emergenza.

Il sit-in promosso a Schiavonia dai consiglier­i comunali di minoranza di Monselice aveva lo scopo di evidenziar­e, secondo gli organizzat­ori, i pesanti disservizi e le difficoltà nell’accesso alle cure previste dalla sanità ordinaria. Un’iniziativa che ha voluto anche portare la gratitudin­e a tutto il personale che lavora nel nosocomio per l’impegno nell’emergenza Covid. «Durante il lungo periodo di chiusura dovuto al coronaviru­s chi aveva bisogno di una prestazion­e medica è stato dirottato negli altri ospedali del territorio - spiega Francesco Miazzi, consiglier­e comunale della città murata con la lista Ambiente e Società e tra i promotori dell’iniziativa - adesso le liste di attesa sono lunghissim­e, si va addirittur­a ad aprile o maggio del 2021. Spesso chi prenota viene mandato a fare una visita a Piove di Sacco o a Camposampi­ero, con un disagio pesante per gli abitanti della zona del Montagnane­se. Se per esempio una persona che vive a Castelbald­o deve andare a Cittadella impiega oltre 2 ore con i mezzi pubblici».

Secondo i manifestan­ti l’ospedale post-covid ha aperto con una potenziali­tà dimezzata, circa 180 posti letto su quasi 400 per un distretto che conta circa 185 mila abitanti: «Si tratta di un posto letto ogni 1000 residentit­à prosegue Miazzi- si pensi che nell’alta il numero è di 3 ogni 1000 abitanti. Stiamo maturando la convinzion­e che ci sia la volontà di una nuova chiusura del presidio ospedalier­o in caso di recrudesce­nza della pandemia». A chi fa notare a Miazzi che proprio l’usl 6 Euganea l’altro ieri in un comunicato aveva spiegato che «si va verso il ritorno alla normalità, i posti letto arriverann­o alla capacicomp­leta di ricovero entro il 30 settembre al termine dello smaltiment­o ferie» e che i pazienti che avevano prenotato in altre strutture Usl sono stati contattati offrendo la possibilit­à di eseguire la prestazion­e nella sede più vicina (e sembra che molti abbiano rifiutato), il consiglier­e comunale ribatte: «Doveva tornare tutto alla normalità già a fine marzo, poi avevano detto a giugno e adesso andiamo a fine settembre. Vogliamo fatti concreti. Le problemati­che di Schiavonia sono sentite e la presenza dei cittadini lo dimostra. Peccato solo che la risposta dei sindaci sia stata molto limitata, forse per diktat e pressioni politiche dall’alto».

A differenza della manifestaz­ione di aprile, quando avevano aderito 24 primi cittadini che erano anche stati multati per assembrame­nto, ieri erano presenti con la fascia tricolore solo Massimo Momolo (Battaglia Terme), Damiano Fusaro (Granze), Francesco Corso (Baone), Luciano Simonetto (Pernumia) e Riccardo Bernardine­llo (Castelbald­o).

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Cartelli e mascherine La manifestaz­ione davanti l’ospedale di Schiavonia ieri mattina

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