Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Gabriele, dalle ambulanze a volontario per il vaccino
A Gabriele e ad altri cinque volontari ieri è stato somministrato il siero a Verona. «Ci credo: funzionerà»
«Mi mancano gli abbracci, i baci, il contatto con le persone. Per questo mi sono deciso: per poter dire a me stesso che ho fatto davvero tutto ciò che era possibile per tornare a impossessarci del mondo com’era prima».
Gabriele Nastasi è appena uscito dal Centro ricerche del Policlinico «Rossi» di Borgo Roma, a Verona. È la struttura diretta da Stefano Milleri che, assieme allo Spallanzani di Roma, sta portando avanti la sperimentazione di Gradcov2, il vaccino italiano contro il coronavirus. I test su primati e topi hanno dato risultati positivi, sviluppando anticorpi in grado di sconfiggere il Covid 19. Ora siamo a un passo cruciale: il test sull’uomo.
La fase-2 a Verona è cominciata ieri, su sei volontari quattro donne e due uomini, tutti giovani e sani - ai quali è stato inoculato il siero. Se tutto andrà per il verso giusto, il vaccino agirà come un minuscolo cavallo di Troia e andrà a impedire al virus di penetrare nell’organismo sfruttando la proteina «S». Già tra un paio di settimane - sperano i ricercatori - le prime «cavie umane» potrebbero aver sviluppato gli anticorpi.
La via italiana per la lotta al virus si regge (anche) sulle spalle di questi sei volontari ma altri se ne aggiungeranno già da domani, per arrivare a decine di pazienti divisi in tre gruppi - che hanno accettato di sperimentare su loro stessi il Grad-cov2, come nei giorni scorsi avevano già fatto altri tre «candidati» dello Spallanzani.
«Alcuni amici mi hanno detto che sono pazzo, che il rischio di effetti collaterali è troppo grande...», confida Gabriele Nastasi. Trentadue anni, veronese, alterna il lavoro in banca all’impegno come volontario nelle ambulanze della Croce Verde.
Non ha pensato che potrebbero avere ragione i suoi amici?
«Non ho paura. Prima di accettare mi sono documentato a fondo, ho studiato il lavoro dei ricercatori della Reithera, la società biotecnologica romana che ha realizzato e brevettato il vaccino. E mi sono convinto che funzionerà. Ma c’è anche un altro motivo...».
Quale?
«Ci troviamo di fronte a un fenomeno di importanza mastodontica. Sono convinto che se l’umanità vuole sconfiggere il virus, ciascuno debba fare la propria parte. Io ci sto provando. Durante il lockdown, è capitato che io e gli altri volontari della Croce Verde andassimo a soccorrere persone che presentavano sintomi compatibili con il contagio, a cominciare dai problemi respiratori. E sono entrato nel reparto di filtraggio dei pazienti-covid, ho visto uomini davvero in gravi condizioni. Anche alcuni dei miei amici si sono ammalati...».
Ma ora il suo contributo è direttamente legato alla prospettiva di ottenere un vaccino...
«Oggi sono arrivato intorno alle 8 e ci hanno sistemato in camere doppie. Ero in compagnia con un altro ragazzo veneto. Hanno prelevato un campione di sangue, misurato la pressione e i parametri vitali. Poi mi hanno inoculato il vaccino nel braccio sinistro. Era un liquido trasparente, fa impressione pensare che dentro a quella piccola siringa ci potrebbe essere la soluzione a tutto questo finimondo...».
Effetti collaterali?
«Per ora nessuno, sto bene. Mi hanno tenuto sotto osservazione qualche ora e adesso posso tornare a casa. Dovrò misurare la temperatura corporea ogni sera e tenere un diario clinico nel quale annotare ogni minima reazione. Tra due giorni tornerò per una visita di controllo che poi si ripeterà periodicamente, per i prossimi sei mesi».
Se il vaccino dovesse risultare efficace?
«Sarei l’uomo più felice della terra. Quando entrerà in commercio e quest’incubo sarà finito, vorrei finalmente poter festeggiare con gli amici il mio compleanno, che è stato in aprile e, inevitabilmente, l’ho dovuto trascorrere da solo».
Ammesso che tutti accettino di vaccinarsi...
«Ma devono farlo! È l’unico modo perché ciò che stiamo attraversando diventi solo un ricordo, qualcosa che le generazioni future studieranno sui libri di Storia».
In piazza si stanno riversando centinaia di negazionisti. Non la spaventa?
«Più che altro li trovo irrispettosi nei confronti di chi ha perso un familiare o un amico, e del personale ospedaliero che rischia la vita ogni giorno per curare i malati. Credo che i negazionisti siano soltanto persone molto fortunate, perché evidentemente non si sono mai dovute confrontare con gli effetti del virus. Se vedessero cosa fa ai malati, come riduce le persone, come le priva del respiro inchiodandole a un ventilatore e alla paura di morire... beh, se aprissero gli occhi e vedessero tutto questo, sono convinto che anche loro correrebbero a vaccinarsi».