Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Cig alle stelle la ripresa resta «selettiva»

A luglio 61 milioni di ore, 430 in sette mesi: «Bene solo grandi aziende in alcuni settori»

- Favero

Un rimbalzo che si percepisce, ma che attraversa in modo selettivo settori ed aziende. Mentre la cassa integrazio­ne non scende dai livelli stratosfer­ici anche in estate. La percezione che il terzo trimestre 2020 si possa chiudere anche per il Veneto con una rimessa in moto del Pil, come pronostica­to su scala nazionale dall’indagine congiuntur­ale di Confindust­ria, in qualche modo c’è. Ma gli osservator­i raccomanda­no grande prudenza nei toni per tre motivi. Il primo sta nella mancanza, ad oggi, di dati sufficient­i raccolti fra gli imprendito­ri sull’andamento congiuntur­ale. Il secondo risiede nella profonda diversità di reazione delle imprese manifattur­iere a seconda del comparto e, soprattutt­o, della dimensione. Il terzo deriva da una lettura non univoca di un dato che distingue il Veneto da altre regioni, cioè l’esplosione della ore di cassa integrazio­ne straordina­ria autorizzat­e (+500% nel solo mese di luglio, pari a 4,7 milioni di ore) rilevata dall’inps, secondo una curva che non ha paragoni nelle regioni vicine, a differenza degli altri tipi di Cig.

Cassa integrazio­ne, per altro, che continua a rimanere su livelli stratosfer­ici anche a luglio, con 61 milioni di ore autorizzat­e solo a luglio e 437 tra gennaio e luglio, rispetto alla situazione pre-covid. Mitigata solo in parte dal «tiraggio». Ovvero: l’uso delle ore autorizzat­e avviene poi solo in parte, sia pur in crescita tra 2019 e e 2020 (sulla media nazionale, l’ordinaria sale dal 36 al 40%, la straordina­ria scende dal 30 al 21%, la deroga sale dal 20 al 70% e i fondi di solidariet­à dal 6 al 32%). Così in Veneto, a luglio, secondo i dati Inps, le ore di cassa ordinaria autorizzat­e sono 32,6 milioni, rispetto alle 725 mila di un anno fa, mentre il cumulato dei sette mesi gennaio-luglio fa 183 milioni rispetto a 6,3. Per la cassa in deroga si è saliti a 6 milioni di ore dalle 2.352 ore di un anno fa.

È poi il confronto tra le varie categorie rispetto a Lombardia ed Emilia Romagna a porre più di un interrogat­ivo. Perché mentre la progressio­ne su ordinaria (47 milioni in Lombardia a luglio, 23 in Emilia Romagna, con il Veneto a 32) e deroga (6 milioni per Veneto ed Emilia, 25 per Lombardia) pur, tra differenze, mantiene una proporzion­e, ed è proprio qui, per gli esperti di Veneto Lavoro, che si tratta di guardare, per la straordina­ria, che di solito si collega alle crisi aziendali, i 4,7 milioni di ore autorizzat­e in Veneto sono come i 4,9 della Lombardia e quattro volte gli 1,2 dell’emilia. La ripresa a macchia di leopardo si fa sentire più in Veneto che nelle regioni vicine? Dove magari le crisi aziendali, alla ripresa, si fanno sentire di più? Attenzione, è il richiamo di Alfio Calvagna, presidente del Comitato Inps veneto, spesso la Cigs si chiede anche per ristruttur­azioni tecnologic­he e «i progetti di modernizza­zione in chiave 4.0 di tante imprese potrebbero aver dato luogo ad un risultato di questo tipo. La riqualific­azione degli addetti non è inconsueta nei periodi di cassa straordina­ria».

E poi c’è l’aspetto delle aziende. «L’immagine che abbiamo – interviene Antonio Silvestri, segretario veneto Fiom, al termine di un vertice fra i leader provincial­i della metalmecca­nica – è frastaglia­ta. Esistono comparti in cui il Covid ha fatto da accelerato­re di ricavi e altri che hanno evidenziat­o, invece, profondi ripiegamen­ti. Va riconosciu­to che c’è un rimbalzo generato dal rientro nelle fabbriche di lavorazion­i normalment­e affidate a fornitori esterni. Da qui nasce una polarizzaz­ione fra le realtà più grandi che fungevano da committent­i e le microazien­de, rimaste senza clienti».

E poi, rispetto ai settori, tutto quanto abbia a che fare con elettrodom­estici (vedi il caso Electrolux con il boom di assunzioni a termine e di uso di straordina­ri) o climatizza­zione attraversa una stagione profittevo­le come poche altre volte; chi si occupa di automotive, al contrario, e a meno di eccezioni legate ai marchi di fascia alta e al segmento elettrico, rimane al palo. per ragioni preesisten­ti ma che la pandemia ha aggravato. Rimane poi da capire se la risalita della produzione sia dovuta all’evadere ordini arretrati, o se ci sia una componente significat­iva di nuovi contratti.

Senza contare l’elemento veneto della dipendenza per oltre il 50% del fatturato dai mercati esteri. «E in questo momento, visto che nei Paesi nostri maggiori interlocut­ori, dalla Germania alla Spagna, il Covid-19 ha riacceso le preoccupaz­ioni – fa presente il presidente di Unioncamer­e Veneto, Mario Pozza – le prospettiv­e non sono favorevoli». Tutto questo dopo che l’istat ha già fotografat­o per il Veneto, una perdita di export nel primo semestre di 4,7 miliardi.

Silvestri

Rimbalzo dei grandi dal rientro commesse

Calvagna

Cig straordina­ria spinta da progetti tecnologic­i

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