Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il libro di Ichino e il lavoro intelligente
Una rivoluzione moderna del sindacato e politiche inclusive, nel libro di Ichino che venerdì verrà presentato a Padova al Festival dello Sviluppo Sostenibile
i settori e in tutti i livelli professionali (p. 45). In altri termini, non è un problema di pochi ma di tanti, che demotiva le persone, penalizza le imprese e deprime lo sviluppo della società e dell’economia. Ichino dice che se vuoi mettere le persone al centro, devi agire su tutto ciò «che ruota intorno» a loro: è un bel cambio di prospettiva che non ha nulla del déjà vu.
Nello scenario (realistico) appena delineato, Ichino propone che il sindacato diventi l’intelligenza collettiva del lavoro (p. 113), bilanciando la negoziazione del catalogo dei diritti con la promozione della partecipazione attiva delle persone all’impresa e alla divisione dei suoi frutti (p. 161). È un’immagine suggestiva, ma non semplice da mettere in pratica sia per le legittime resistenze culturali (in tutti gli strati della società) sia per le necessarie e profonde modifiche legislative. L’originalità dell’dea di Ichino sta nell’implicito riconoscimento che la valorizzazione dell’«intelligenza del lavoro» si realizza anche con l’azione collettiva e con qualcuno (il sindacato) che si fa carico di entrare nel merito dei progetti industriali e di negoziare l’impegno delle maestranze nella loro realizzazione, a fronte di coinvolgimento organizzativo, condivisione delle informazioni, partecipazione ai risultati degli incrementi di produttività se non addirittura della redditività (p. 182). Si potrebbe dire che è un progetto bello e impossibile, ma non è proprio così. Ichino dedica un intero capitolo (il quarto) a descrivere casi in cui il sindacato ha guidato «i lavoratori a scegliersi l’imprenditore», distinguendo le esperienze più e meno virtuose.
Resta ancora il tema delle politiche inclusive per il lavoro. Ichino, a dire il vero, non ne parla in modo diretto, ma il suo libro dà utili spunti. L’inclusione si ottiene con azioni sia mirate sia gestendo le derive delle disuguaglianze di produttività tra le persone della stessa categoria professionale o contesto sociale (p. 173). Come? Chi ha competenze qualificate ed esperienze rilevanti, si giocherà in autonomia la possibilità di scegliere l’azienda più capace di valorizzare il proprio lavoro (p. 88). Per le altre persone servono eque opportunità per dotarsi delle competenze professionali e per muoversi in modo informato tra lavori che cambiano rapidamente e che richiedono sia di imparare cose nuove sia, a volte, di disimparare quelle obsolete. Qui si apre la sfidante partita della contrattazione collettiva per il futuro sostenibile del lavoro e delle nostre comunità.