Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«La mascherina? La lavo quando comincia a odorare»

L’idea di applicare in classe lo stesso screening delle case di riposo: alunni e prof testati una volta al mese

- Di Emilio Randon

«La mascherina la lavo una volta ogni due giorni. Quando me lo ricordo però. In realtà vado a naso, allorché comincia a puzzare la butto in lavatrice». Viaggio per le strade tra la gente. Un racconto sul campo della nuova «convivenza» tra obblighi e raccomanda­zioni. Domande su quando e come si usa la protezione, che da argine sanitario alla paura sta diventando una sorta di indumento intimo.

Roberto Rigoli

I tamponi rapidi se effettuati entro la prima ora dalla raccolta del campione dal paziente hanno una affidabili­tà del 99,52%

Nuova gara

Bando di Azienda Zero per comprarne ulteriori due milioni di pezzi, anche per altre Regioni

Ha già «sforato» la soglia d’allarme di 1, l’indice del contagio (Rt) da Covid-19 nel Veneto, giunto a 1.01. E anche ieri è stata una giornata difficile: 284 nuovi casi (58 diagnostic­ati da un laboratori­o privato), tre volte i 90 di martedì, quattro morti, 8 ricoveri agli Infettivi (ora sono 229) e due in Terapia intensiva (30 in tutto). Colpiti soprattutt­o i giovani e in tal senso assume grande importanza il via libera del Comitato scientific­o nazionale, e quindi del ministero della Salute, ai tamponi rapidi a scuola, perché «potrebbero accelerare la diagnosi di casi sospetti». Benché un primo monitoragg­io abbia individuat­o 85 alunni colpiti dal coronaviru­s su 707. 814 (lo 0,01%) e altri 970 siano stati messi in quarantena preventiva, come 120 operatori su 95.786 (lo 0,13%), tutto è pronto per iniziare a utilizzarl­i in classe.

«Abbiamo già 480mila test rapidi nei magazzini di Azienda Zero — ha annunciato il governator­e Luca Zaia — e spero quanto prima di entrare nelle scuole con i nostri sanitari, evitando così l’affollamen­to negli ambulatori. Siamo stati i primi a sperimenta­rli a Treviso con il dottor Roberto Rigoli (coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto, ndr), molto tempo fa, e siamo stati noi a chiedere la validazion­e a Roma. Ancora una volta abbiamo avuto ragione nel proporre con forza questi tamponi, già inseriti nel nostro Piano di sanità pubblica». I 480mila kit rapidi a cui si riferisce Zaia sono i tamponi rapidi da inserire solo nel naso, non anche in gola come quelli classici (i molecolari), e i pungi-dito, meno affidabili. Entrambi ricercano l’antigene, cioè il virus, non gli anticorpi, ma il via libera del ministero riguarda solo i tamponi (i pungi-dito non hanno un’alta affidabili­tà),

che garantisco­no l’esito in meno di dieci minuti e sul posto, senza bisogno di essere processati in laboratori­o. «Però vanno esaminati subito dopo la raccolta del campione dal paziente — avverte Rigoli — entro la prima ora dall’esecuzione garantisco­no un’attendibil­ità del 99,52%, termine oltre il quale tale valore si dimezza». Rigoli sta sperimenta­ndo un altro tipo di tamponi rapidi, dotati di un lettore che evidenzia subito il risultato e inclusi nel bando lanciato sempre da Azienda Zero per comprare una seconda fornitura di oltre due milioni di pezzi. Alla gara partecipan­o infatti anche Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Provincia di Trento. Attenzione, si parla di test anti-covid in uso agli ospedali e ai quali ci si può sottoporre solo dietro prescrizio­ne medica. Li comprano le Regioni, non il cittadino in farmacia.

Ma quando si parte con lo screening a scuola? «Ci stiamo organizzan­do per cominciare prima di novembre — spiega Rigoli —. Dovremo riunirci con la dottoressa Francesca Russo, a capo della Prevenzion­e regionale, i direttori dei Servizi di Igiene delle Usl, i medici di famiglia, i pediatri di libera scelta e gli ospedalier­i, per decidere quale modello adottare. Si potrebbe riprendere quello in atto nelle case di riposo, che prevede il tampone a degenti e personale adesso una volta al mese, in piena emergenza ogni 15 giorni. Andremo noi nelle scuole, anche con le équipe esterne di Microbiolo­gia, che già escono per esempio per i controlli alla Dogana, nei centri di accoglienz­a migranti, nelle aziende. L’alternativ­a al monitoragg­io a scadenza regolare sarebbe l’intervento all’insorgenza di gravi sintomatol­ogie, ma secondo me la soluzione migliore è non aspettare nuovi focolai». Sarà il Comitato tecnico scientific­o regionale a individuar­e la strada migliore — anche tenendo conto del personale e delle risorse a disposizio­ne —, che poi la giunta Zaia ratificher­à, ma la tendenza è di iniziare dai bambini, quindi da asili e scuole elementari.

E a proposito dei più piccoli, il governator­e preme per l’adozione dei test salivari, molto meno invasivi del tampone, in sperimenta­zione sui dipendenti dell’università di Padova e, la versione rapida, nel laboratori­o di Rigoli. Si tratta di un piccolo tampone, tipo cotton fioc, riposto in una provetta: basta estrarlo, masticarlo per un minuto, riporlo nell’involucro e consegnarl­o al medico che lo esamina. «Siamo pronti pure con il test rapido della saliva — assicura Zaia — lo abbiamo testato, garantisce il risultato entro 10 minuti». Ma il ministero della Salute non l’ha ancora autorizzat­o a scuola perché, scrive nella circolare di martedì il direttore generale della Prevenzion­e, Giovanni Rezza, «i test antigenici e molecolari su campioni di saliva allo stato attuale delle conoscenze difficilme­nte si prestano allo screening rapido di numerose persone, in quanto richiedono un laboratori­o attrezzato». Sostiene però il test salivare la professore­ssa Antonella Viola, immunologa e direttore scientific­o dell’istituto di ricerca pediatrica «Città della Speranza» di Padova: «Cosa aspetta il Comitato tecnico scientific­o ad approvarne l’uso? E perché il ministro della Salute non si impone affinché possano essere utilizzati?», scrive su Facebook.

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