Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La via del Nordest

- Sandro Mangiaterr­a

«Ma quale riavvicina­mento con il governo»? Nessun cambiament­o nei toni, come qualcuno aveva pensato dopo l’assise romana di martedì 29 settembre. Anzi. Bonomi sceglie l’assemblea di Confindust­ria Vicenza per rilanciare le asprissime critiche a Giuseppe Conte & Co. Si parte dall’esperienza del governo gialloverd­e, con Quota 100 e il Reddito di cittadinan­za, per arrivare alla maggioranz­a gialloross­a e ai terribili giorni della pandemia da Covid 19: i 100 miliardi finiti in sussidi, il clima anti-industrial­e, i rischi di sprecare l’«occasione storica» del Recovery Fund.

Insomma, gli imprendito­ri sono (nuovamente?) sul piede di guerra. E sul banco degli imputati, a ruota del governo, finisce il sindacato. Sul rinnovo dei contratti nazionali, che coinvolgon­o dieci milioni di lavoratori, Bonomi mantiene il punto. Rivendica l’accordo per il contratto della sanità privata, raggiunto in 14 giorni dopo un’attesa di 14 anni. Ma reputa inaccettab­ili le rigidità dei sindacati metalmecca­nici, che chiedono un aumento dell’8%, pari a 146 euro, per gli addetti inquadrati nel quinto livello. Non basta: il numero uno di Confindust­ria respinge quasi con sdegno la posizione di una certa frangia del sindacato che considera i salari «una variabile indipenden­te rispetto all’andamento delle aziende e dei mercati». Una stoccata rivolta a Maurizio Landini, appena sceso dallo stesso palco, che sul tema dei contratti la pensa in maniera opposta: «In Italia c’è una questione salariale. Bisogna alzare le retribuzio­ni, anche per sostenere i consumi. La contrattaz­ione nazionale è il luogo deputato per cominciare a fare questa operazione».

Un muro contro muro. Almeno nelle dichiarazi­oni ufficiali. A ben vedere, però, c’è un’altra faccia della medaglia. L’invito rivolto dagli industrial­i vicentini a Landini è di per sé significat­ivo. Senza contare che i due, Landini e Bonomi, si sono salutati con una calorosa «stretta di gomiti» (viste le misure di sicurezza).

Ma c’è di più. Sul territorio la realtà è ben diversa dagli scenari nazionali. In quel Veneto che guarda sconcertat­o il crollo dell’export, meno 14,6% nel primo semestre 2020 sullo stesso periodo del 2019, il dialogo con i sindacati è prassi quotidiana. L’obiettivo, condiviso da tutti, imprendito­ri e lavoratori, è tornare prima possibile a fare girare le macchine a pieno regime e provare ad agganciare la ripresa degli ordini, specie su scala internazio­nale. Tradotto: flessibili­tà e produttivi­tà, già nel Dna dell’industria nordestina, appaiono assolutame­nte indispensa­bili.

Ecco allora che Landini viene interrotto addirittur­a tre volte dagli applausi della platea, quando sostiene che «mai come oggi occorre parlarsi, fare sistema, trovare soluzioni attraverso il confronto e la negoziazio­ne». Perché la pandemia ha cambiato le imprese e ha cambiato i lavoratori. «Dunque dobbiamo costruire insieme un nuovo modello sociale e produttivo». Proprio così. Se il dialogo e la contrattaz­ione devono ripartire, sarà in quella terra di frontiera chiamata Nordest.

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