Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Sessista». «No, utile al turismo» L’inno di Lazise che fa litigare
Il nodo nella canzone «donne per tutti i gusti». Ma a scontrarsi sono assessora e consigliera
Lazise da osteria, con « sempre belle donne per tutta la città, per tutti gusti e nazionalità». L’inno turistico di Lazise diventa un caso. Sessista o utile al turismo?
Lazise da osteria, con «sette bar per ogni via», «e sempre belle donne per tutta la città, per tutti gusti e tutte le nazionalità»; Lazise allegrotta e dalla mano morta, poiché «le puoi invitare in spiaggia – le donne - e cantar loro d’amor», così che «al tramonto non potranno dire di no».
Escluse le indigene che pur belle non ci cascano, rimangono le straniere. E già qui abbiamo un problema. La canzoncina intitolata «Wir Kommen wieder in Lazize» («Torneremo a Lazise») si canta con la benedizione dell’amministrazione comunale che la sponsorizza e fa suo il brano della «Ale Fusco Quartet Band», quattro ragazzi di buona volontà in camicia bianca e braghe nere in riva al lago, accompagnati da chitarra e ammiccamenti. Datemi tre righe del più onesto degli uomini e lo farò impiccare, si vantava il cardinale Richelieu. Ecco, qui abbiamo un intero brano che, letto all’incontrario, può dare risultati sorprendenti. La canzonetta piace, su Youtube e Facebook ha già avuto centomila visualizzazioni, tedeschi e olandesi ne sono entusiasti. L’assessore al turismo Elena Buio sostiene che «non avremmo ottenuto tanto successo altrimenti», mentre per altri «non saremmo mai arrivati a tanta bassezza».
Volgare, licenziosa, informata al più vieto gallismo d’antan, un insulto alla civiltà turistica di Lazise; innocente e popolare, non più volgare di «Una rotonda sul mare» e persino tenera perché, se cominciamo a censurare «Wir Kommen wieder in Lazise», dobbiamo metter fuori mercato anche l’ «Oselin de la comare» di Jannacci, «Re Carlo torna dalla guerra» di De Andrè e anche la Norma di Bellini dicono altri.
Per la consigliera comunale veronese del Pd Elisa La Paglia è «un invito prossimo allo stupro e conferma il luogo comune maschilista secondo il quale, dopo una cena e dopo averla fatta bere, se una donna non ci sta è una stronza». L’amministrazione di Lazise come una mezzana, complice o quantomeno responsabile di concorso esterno in associazione maschilista. L’esponente del Pd ha chiesto che il brano incriminato venga espunto dal testo, Andrea Pinamonte, autore, ha risposto che «no, disposti a discuterne ma non se ne fa una questione politica». Il tribunale del web in seduta permanente effettiva non ha ancora deciso e, per come vanno queste cose, non sembra unanime. Dobbiamo quindi riprendere il caso dall’inizio.
La canzonetta nasce in piazzetta delle Beccherie, cuore di Lazise, durante i giorni pigri del lockdown sebbene qui il turismo non ne abbia mai risentito veramente a parte i primi due mesi. Tedeschi e nordici hanno continuato ad arrivare, beati e senza mascherina ad affollare stradine che sembrano calli. Lazise è una piccola Venezia salvata dalla guerra. In piazzetta Beccherie ci sono il bar – «Casa» si chiama, «chiamiamo casa il nostro bar» conferma la canzone – la fioraia che fa anche l’assessora, il biciclettaro e c’è la signora Maria che, a una certa ora, s’affaccia dal balcone e manda alla malora i nottambuli disotto.
Ci sono i turisti ed è tutto bellissimo. Un bicchiere, due, quello della staffa, chiacchiere e ricordi. Turiste che passano e vecchi «draguers» seduti ché i giovani hanno perso il metodo, tutti a raccontarsela e a ricordare i bei tempi quando s’aspettava l’estate per acchiappare. Il testo viene fuori così, la musica anche. Il Comune ci ha visto un’occasione, un amarcord indulgente, rimpianto di vecchi ragazzi per un tempo che le loro donne accettavano rassegnate come un evento meteorologico. Poi arrivava l’inverno e tutto tornava a posto. La novità è che a soffrire di nostalgia sembrano essere anche le straniere tornate a nord pure loro inevitabilmente invecchiate. I «like» che arrivano da fuori sono numerosi.
«È un testo avvilente, totalmente fuori quadro. Lazise non è lo strapaese che propone», dice Luisa Bendazzoli, tra le prime a contestare il brano. «Populismo turistico rincara il marito Alessandro Minio - e misura del degrado attuale, lontano da ciò che eravamo quando il comune regalava rose rosse ai turisti e non panini con la bondola». Visto il video, il presidente di Federalberghi del Garda Marco Lucchini ha scritto: «Derisi storia e onorabilità dei cittadini e degli imprenditori di Lazise, trasformati in macchiette nel paese in cui la casa è un bar».
La canzonetta e il video sono rimasti sottotraccia per un paio di mesi fino a che non è arrivata la piddina La Paglia a tirare il sasso in piccionaia: «Hanno messo le donne in catalogo per attrarre turisti. Sottocultura dell’abuso maschilista. Sia chiaro, il sesso senza consenso è uno stupro». «E c’era bisogno della nostra canzoncina per dirlo?» L’assessora al turismo Elena Buio, un passato a sinistra e un presente fiero e più sorvegliato, chiude la fioreria e si concede un caffè: «Quella vede il maschilismo dappertutto, io femminista da sempre lo vedo nell’elemosina che i maschi ci fanno con le quote rosa. La Paglia non si è accorta che nel video c’è anche una scarpa femminile rossa simbolo della guerra al femminicidio? A parte questo, la canzoncina funziona, mai visti tanti contatti neanche alla festa del miele. Vogliamo discuterne»?
«Ma è brutta, è una filastrocca insulsa», osserva l’avventore accanto. «In effetti è un po’ idiota», conferma un altro. Si astiene la cameriera che si chiama fuori: «Sono di Colà non di Lazise». Colà con Pacengo fanno la seconda e la terza frazione di Lazise. Lacustri e collinari non si sono mai amati da queste parti. Una divisione estetica più che morale che, a chiedere in giro, vale anche per la canzoncina.
Elisa La Paglia
Un invito prossimo allo stupro, conferma i luoghi comuni maschilisti. Se una donna non ci sta...
Elena Buio
Io femminista da sempre La canzone funziona, mai tanti contatti neanche alla festa del miele
Il testo
La gente si divide sul testo della canzone «È idiota». «Ma è carina», le due versioni