Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il caso dei Pili divide la politica
I retroscena di una trattativa milionaria muovono nuove accuse nei confronti del sindaco e del suo staff
Nuovi retroscena sulle trattative sfumate per l’acquisto da parte di un magnate di Singapore dell’area dei Pili riaccendono il dibattito sul conflitto d’interessi del sindaco che la acquistò nel 2005. Oggi l’area, di grande valore commerciale, proprio ai lati del Ponte della Libertà, fa parte di un Blind trust che le opposizione di Brugnaro ritiene di facciata. Il caso si riaffaccia oggi nel giorno dell’insediamento del nuovo Consiglio Comunale
Il sindaco Luigi Brugnaro e il suo staff preferiscono non commentare, salvo ricordare che fin da giugno 2015 – cioè dopo le elezioni – tutti si sono dimessi dalle cariche private, come si può tranquillamente verificare in Camera di Commercio: nessuna commistione di ruoli, dunque. Ma le opposizioni a Venezia cavalcano quel «conflitto di interessi» di cui Brugnaro è sempre stato accusato: ovvero la proprietà dell’area dei Pili, oggi una boscaglia abbandonata di 40 ettari sul lato destro prima del ponte della Libertà, in futuro un possibile waterfront da sogno. «Porta di Venezia» è stata chiamata, non a caso, la società proprietaria, che fa parte del gruppo Umana, oggi confluito nel «blind trust» voluto da Brugnaro a fine 2017 per allontanare le accuse.
Ora però emerge che tra il 2016 e il 2017 una società trevigiana di progettazione, la Sama Global di Villorba, aveva creato una serie di ipotesi per il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, che stava valutando l’acquisto dell’area e che negli stessi mesi aveva comprato anche due palazzi comunali per trasformarli in alberghi. Uno di questi progetti prevedeva un milione e 100 mila metri cubi di volumetrie, con grattacieli e alberghi per un investimento di 1,3 miliardi, e anche il famoso palazzetto dello sport che Brugnaro, anche patron della Reyer, da sempre dice di voler realizzare lì. Solo che il costo delle bonifiche impone anche una maxi-lottizzazione e protempo prio per questo si è andati in cerca di investitori. A farlo è stata la stessa amministrazione, come conferma l’uomo di Kwong in Italia, Luis Lotti. «Io e mister Ching siamo andati a Venezia nel 2016 per valutare alcune operazioni immobiliari interessanti - racconta Lotti - Ci sono stati proposti Palazzo Donà e Palazzo Papadopoli e anche altre aree da sviluppare, tra cui quella dei Pili».
A quel punto scatta l’interesse e la Sama, tramite l’allora consulente (oggi direttore tecnico) Claudio Vanin, inizia a proporre studi di fattibilità e business plan, coinvolgendo anche un architetto di fama come Tobia Scarpa. E da un’inchiesta della Nuova Venezia emerge un fitto dialogo via email tra Vanin e il vicecapo di gabinetto di Ca’ Farsetti Derek Donadini (prima del 2015 amministratore di Porta di Venezia), di cui era a conoscenza anche il suo superiore Morris Ceron, entrambi da bracci destri del Brugnaro-imprenditore. «Ciao Derek - scrive Vanin in una mail del 7 settembre 2017 - ti invio un Excel strutturato per capire come variano i costi al variare del numero di spettatori (del palazzetto, ndr). (...) Non ho dato nessun numero né a Luis né a Ching, attendo prima un vostro parere. So che Morris aveva fretta di capire i numeri, glieli mando io, oppure ne discutete voi?». Pochi giorni dopo Donadini gli manda una ricerca fatta fare da Ceron sull’arena di Istanbul. E ancora a metà ottobre il vicecapo di gabinetto invia a Vanin una relazione sullo stato di fatto e sulle previsioni urbanistiche per l’area. Si dice infine che i progetti realizzati da Vanin e Scarpa siano stati più volte sottoposti a Kwong e a Brugnaro, anche nel 2018 quando era già sorto il blind trust. «Tutti gli incontri sono avvenuti nelle sedi istituzionali», taglia corto però Lotti.
Fatto sta che a metà 2018, proprio perché non c’era nulla di certo su cubature e destinazioni, si è tutto arenato, tanto che ora la Sama minaccia di chiedere 15 milioni di danni a Kwong per il lavoro a vuoto. «E’ stata una loro iniziativa replica Lotti - Non c’è mai stato nessun incarico scritto».
Le opposizioni al sindaco accusano lui e il suo staff di commistione tra ruolo pubblico e interessi privati e oggi, giorno del primo consiglio comunale, sarà subito bagarre. «Il 21 marzo 2015 Brugnaro aveva dichiarato “ai Pili non farò nulla, sarebbe un conflitto di interessi”, ma poi si è rimangiato tutto - dice Monica Sambo (Pd) - Quelle mail sono la riprova di quello che denunciamo da sempre: il blind trust ci vede benissimo!». Il neoconsigliere Marco Gasparinetti (Terra e Acqua), che da portavoce del Gruppo 25 aprile aveva più volte denunciato gli affari di Kwong in laguna, ripercorre proprio quegli ultimi mesi del 2017, adombrando che lo «sconto» di circa 3 milioni per Palazzo Donà (pagato meno di 11 milioni rispetto ai 14 a bilancio) possa essere legato alle trattative sui Pili. «Do(nadini) ut des - ironizza Quando Donadini interloquiva con loro in che ruolo lo faceva e cosa ha fatto per evitare una commistione di ruoli? Chiarisca o si dimetta». «Può un sindaco trattare i beni (comuni) della città per scopi utili alla propria attività di imprenditore?», accusa anche l’altro neoconsigliere Giovanni Andrea Martini (Tutta la città insieme).
Gli edifici
Erano previsti alberghi grattacieli e palazzetto dello sport per 1,3 miliardi di euro