Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Scuola, 400 alunni positivi su 700mila

Le Usl: positivi solo 412 studenti su 707.814 mila

- Bensa, Carcassi

L’inizio delle lezioni in Veneto non ha inciso sul contagio, anche grazie a distanziam­ento e orari scaglionat­i. In una scuola su tre didattica a distanza a turno. Una trentina gli istituti «ospitati» negli spazi di enti pubblici o parrocchie. La proposta di Confartigi­anato per scongiurar­e assembrame­nti sui bus: 700 mezzi fermati dalla crisi pronti per gli studenti. Cgil avverte: «Le mense non sono ripartite».

” Rigato Usate i nostri bus turistici per evitare affollamen­ti a bordo

” Viotto Tempo pieno mai riattivato, difficoltà per famiglie e mense

Palumbo: «In Veneto situazione soddisface­nte» Caos trasporti, 700 bus turistici fermi nei depositi

A leggere il resoconto del monitoragg­io condotto dalle Usl sulle scuole venete emerge un dato: come dichiarato dal ministro dell’istruzione Lucia Azzolina la ripresa delle lezioni non ha inciso sulla diffusione del contagio da Covid. Appena lo 0,06% dei bambini e dei ragazzi testati, infatti, è risultato positivo al virus. In valori assoluti stiamo parlando di 412 infettati su 707.814 individui, con dati residuali specie per nidi e primarie (lo 0,03%). In sostanza, la scuola sta dimostrand­osi un ambiente sicuro sebbene siano 2.715 (lo 0,38%) gli alunni in isolamento preventivo. Del tutto simili i numeri relativi agli insegnanti con 79 positività su 95.786 docenti e operatori, ovvero lo 0,08%.

E fatti salvi alcuni casi particolar­i (l’ultimo riguarda l’istituto comprensiv­o di Porto Tolle, nel Rodigino, dove il sindaco ha disposto, per oggi, lo stop alle lezioni per sottoporre tutti a tampone, dopo l’emersione di 9 contagiati di cui 7 studenti) la situazione resta sotto controllo, almeno per ora. Certo, c’è chi ha adottato importanti precauzion­i. A Padova, per esempio, il 40% delle classi delle superiori effettua la didattica a distanza a rotazione, con gruppi di 5-6 ragazzi alla volta («Là dove non è stato possibile ricavare ulteriori spazi», spiega il provvedito­re Roberto Natale), mentre la Provincia di Belluno fornirà di container il liceo scientific­o Galilei («Saranno completati entro novembre», afferma il presidente Roberto Padrin) e si accinge a destinare 3 milioni, ricavati dai fondi destinati ai Comuni di confine, per potenziare il cablaggio delle scuole. Singolare, invece, il caso dell’istituto paritario Santa Maria della Pieve di Castelfran­co (Treviso), che ha adottato un’altra soluzione: lasciare a casa un’insegnante in isolamento ma farle comunque svolgere le lezioni, via webcam, tramite la lavagna elettronic­a presente in classe. Con i bambini ai loro banchi.

Ma se si allarga il quadro a tutto il Veneto, l’ufficio scolastico regionale traccia un quadro in cui la didattica a distanza a rotazione non è diffusa in modo capillare. «Meno di un terzo delle oltre 300 scuole superiori del Veneto la praticano», sintetizza la direttrice Carmela Palumbo. E i restanti due terzi degli istituti? «Le altre scuole superiori che non hanno fatto ricorso a questo sistema hanno aule che permettono didattica normale con il distanziam­ento». Risicata, infatti, la percentual­e delle scuole costrette a chiedere ospitalità per le proprie attività. «Una ventina, al massimo 30, sono dovute ricorrere a spazi nelle bibliotech­e, nelle parrocchie o negli enti locali o in altre scuole. In Veneto partivamo da una buona situazione edilizia».

Tra i «richiedent­i asilo» c’è il convitto Foscarini di Venezia: due aule sono ricavate in moduli prefabbric­ati e riscaldati nella chiesa sconsacrat­a dell’istituto. «Per la didattica siamo tutti in presenza», racconta il dirigente Massimo Zane. «Siamo in attesa di banchi più piccoli: potremmo sfruttare aule finora inutilizza­te, perché inadatte ai banchi normali, e tornare a usare normalment­e l’aula magna, ora aula di fortuna». Anche qui la sfida è l’interazion­e tra insegnanti in quarantena a casa e ragazzi presenti in classe. «Stiamo acquistand­o telecamere e microfoni».

Quello che in Veneto non avrebbe margine di migliorame­nto è il ricorso a orari di ingresso e di uscita scaglionat­i. «Le scuole lo hanno fatto nei limiti del possibile - commenta ancora la dirigente dell’usr - rispetto all’attività didattica: non è tollerabil­e più di un’ora tra entrata e uscita. Più di così non si può fare nella secondaria perché i docenti si muovono da una classe all’altra e si rischiano sovrapposi­zioni». E di fronte alle polemiche per gli assembrame­nti sui mezzi, che alcune aziende di trasporto pubblico attribuisc­ono a una difficoltà di comunicazi­one con le scuole, taglia corto: «Non possiamo inventarci profession­isti di tutto. L’altro capo della questione è la gestione delle risorse per incrementa­re le corse negli orari critici».

In questo senso, Confartigi­anato Veneto esorta provvedime­nti governativ­i specifici: «In Veneto sono almeno 700 i bus inutilizza­ti per il blocco di ogni nostro mercato, e che sono pronti ad entrare in servizio e scongiurar­e il sovraffoll­amento dei ragazzi», spiega il presidente degli Bus Operator Daniele Rigato. Resta aperto, invece, il problema del tempo pieno, mai riattivato: «Ha una ricaduta sulle famiglie che facevano conto che i ragazzi rimanesser­o a scuola», evidenzia Marta Viotto, segretaria di Cgil Scuola. «Abbiamo lavoratori che attendono di riprendere con le mense scolastich­e. Le aziende di servizi sono in difficoltà».

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