Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Le lettere dal fronte (e da Asiago) di Gadda
Pubblicate le lettere dal fronte (Adelphi) Molte le pagine dedicate al Veneto, a partire da Asiago. «Prendo il tac-pùm e a ogni loro colpo rispondo con un colpo»
«Non datevi affatto pensiero per me: premetto che io sono in un punto bellicamente morto, sui margini della Val d’assa... La mia tana è in cima alla pietraia e penetra sotto terra a un lato di questa: coperta di robusti pali di larice (tolti a un ricovero costruito dagli austriaci a spese delle nostre foreste) e di sacchi di terra; tutto perfettamente inutile: cosa che mi rende pazzo dalla rabbia, detta tana è piena di mosche come un’osteria di Cinisello». La penna è inconfondibile: a descrivere in una lettera del 15 luglio del 1916, indirizzata alla sorella Clara, la sua «tana» di combattente nell’altopiano di Asiago, è Carlo Emilio Gadda, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento. Lui quella guerra, quella Grande Guerra, l’aveva intensamente voluta. Interventista convinto, come il fratello Enrico - che nel conflitto perirà il 23 aprile del 1918, precipitando con il suo aereo a San Pietro in Gu, nel padovano - nel maggio del 1915 aveva addirittura indirizzato un appello a Gabriele D’annunzio contro la decisione ministeriale di impedire l’arruolamento immediato degli universitari (entrambi studiavano al Politecnico di Milano). Chiamato alle armi il primo giugno, trasferito dopo l’addestramento sulle pendici dell’ortles e dell’adamello, Gadda combatte e scrive. Anzi: sarà proprio la guerra a fare di lui uno scrittore. Lo testimonia certamente il celebre
Giornale di guerra e di prigionia (dopo Caporetto Gadda fu fatto prigioniero e deportato in Germania) ma anche le numerose lettere che inviò ai familiari, ora raccolte in un bel
volume, La Guerra di Gadda Lettere e immagini 1915-1919
(Adelphi, 424 pp., 30 euro), corredato da interessanti fotografie, perlopiù scattate da lui stesso.
C’è tutto il Gadda soldato in quelle missive: la sua incrollabile disciplina, le interminabili marce con le «scarpe animalissime» sulle nevi immacolate delle Alpi, gli alpini ignari di ogni «fifometro tribblo». E c’è il suo battesimo del fuoco, tutto Veneto. In seguito alla Strafexpedition, l’offensiva austriaca sferrata nel Trentino sud-orientale tra il 15 maggio e il 27 giugno del 1916, il nostro, il 17 giugno, sale infatti sull’altopiano di Asiago, tra il monte Magnaboschi e il monte Zovetto, al comando dell’89° Reparto Mitragliatici, schierato a supporto della Brigata Modena per difendere a oltranza la zona. Quando gli austriaci, arrestati, arretrano, il reparto di Gadda sferra il contrattacco in direzione del torrente Assa. È lì che si apposta in quella «tana» che abbiamo già sbirciato, nella cui descrizione possiamo ritornare ammirando ancora una volta stile ed efficacia: «Qui dentro in breve spazio, c’è tanto disordine quanto basta per farmi morire d’itterizia... Dal soffitto cade il terriccio, le formiche mi vengono sul tavolo, le mosche condensano l’atmosfera, e l’acqua sgocciola». Gadda è smanioso di combattere il nemico, sfidarlo personalmente: «Il mio divertimento preferito è quello di rovistare col cannocchiale la parete di faccia per scovarvi le presumibili tane dei loro tiratori. Quando poi cominciano a sparacchiare contro qualche nostra pattuglia sul fondovalle, io prendo il tac-pùm e a ogni loro colpo rispondo con un colpo: è un battibecco esilarantissimo... Come due pappagalli appesi a due finestre di faccia, riempiamo la valle del nostro diverbio: tac-pùm, lo
La descrizione della «tana», la sua postazione «C’è tanto disordine quanto basta per farmi morire d’itterizia... Dal soffitto cade il terriccio, le formiche mi vengono sul tavolo»
ro, e io: tac-pùm: e loro tacpùm e io tac-pùm».
Onomatopee, ritmo, ironia. L’autore del Pasticciaccio
brutto dimostra appieno tutto il suo talento narrativo anche quando, il 27 novembre dello stesso anno, scrivendo al fratello, manifesta tutto il suo disappunto per il rinvio della programmata offensiva a causa della neve: «La mancata azione fu per me una triste delusione: la preparazione era grandiosa e perfetta... Siamo ora a riposo nella nostra magnifica baracca di pino, nelle foreste del Margine meridionale dell’altipiano. A Cima Caldiera dove eravamo in linea, sbaffammo neve, gelo, vetrato, freddo cane.». Delusione nemmeno paragonabile all’ «orrenda vergogna» della prigionia, tragico destino di «inelezione», che Gadda vivrà l’anno seguente e a cui riservò una lapidaria riflessione. Poche parole. Definitive: «Felici quelli a cui le granate avversarie serbarono intatto l’onore».