Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Venere tascabile» Esce il nuovo album dei veronesi Seta
«Venere tascabile» è il nuovo album della band veronese «Il nostro incontro con Pedrini»
Essere o apparire. Un dilemma alla base della ricerca musicale dei Seta elettro-rock band di Verona che ha pubblicato il terzo album «Venere tascabile», prodotto dal padovano Megahertz e impreziosito dalla partecipazione di Omar Pedrini in una cover di un classico dei Timoria.
«Venere tascabile» è il titolo e un singolo del disco. A che cosa si riferisce?
«Venere Tascabile rappresenta la continua ricerca di apparire perfetti (Venere) in questo mondo dominato dai social e dagli smartphone (Tascabile) dove tutti possono condividere i momenti della propria vita in tempo reale».
Perché avete scelto Megahertz come produttore?
«Con lui avevamo già collaborato nel primo disco “Interferenze” dove avevamo messo come ghost track una versione dance de La follia. In fase di realizzazione ci siamo resi conto che avevamo osato parecchio con l’elettronica e lui, senza dubbio, è la persona giusta per poterla equilibrare con la nostra anima rock”.
Avete voluto rileggere in chiave rock elettronico, un classico del rock come Piove dei Timoria.
«Abbiamo voluto omaggiare i 25 anni di “Viaggio senza vento”, disco dei Timoria che per noi è stata la colonna sonora della giovinezza. Ci abbiamo messo un po’ a trovare la canzone da riarrangiare perché volevamo trovare la canzone giusta che si potesse adattare alle nostre sonorità elettro-rock».
«Piove» ha come guest star proprio Omar Pedrini. Come l’avete coinvolto?
«L’abbiamo conosciuto nel backstage di un concerto e gli abbiamo parlato della nostra volontà di riarrangiare un suo brano. Lui è stato da subito tanto entusiasta e disponibile da volerlo registrare insieme a noi. È stata un’esperienza incredibile poter condividere lo
studio di registrazione con Omar e ancora più è stato il volerci ospiti del tour commemorativo di “Viaggio Senza Vento” a cantare con lui Piove».
Di che tipo di dipendenza parla «Non posso stare senza»?
«Di ogni tipo di dipendenza. Le persone schiave di questa “malattia” sono accumunate tutte dallo stesso sguardo spento che fa capire il loro reale disagio. Con questa canzone abbiamo voluto raccontare questo stato d’animo».
Come mai in «Sotto il peso dei pensieri» avete voluto raccontare la vicenda di DJ Fabo?
«Abbiamo voluto toccare il tema difficile dell’eutanasia cercando di comprendere le ragioni che possano spingere una persona a togliersi la vita. In questo caso non esiste giusto o sbagliato ma deve esserci soltanto un profondo rispetto dei valori personali e delle scelte di chi decide di affrontare in questo modo il suo ultimo viaggio».
Che cosa vi è mancata di più, come band, in questi periodi di isolamento?
«Senza dubbio i concerti e il contatto con la gente. L’essere umano è spinto per natura a cercare l’interazione con le persone; chi scrive musica trova proprio “vivendo” le parole e le storie da raccontare nelle canzoni: questa cosa ci manca tantissimo».