Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Case chiuse» 63 anni fa Quando in città si faceva la «staffetta del sesso»
Nel febbraio del 1958, ben 63 anni fa, furono abolite le «case chiuse». La legge viene spesso citata come «Merlin» dal nome della senatrice socialista, eletta nel collegio di Rovigo, che fu prima firmataria del provvedimento e si batté con grande impegno per la sua approvazione. Nei giorni scorsi in provincia vi sono state varie iniziative per ricordare sia la senatrice che la «sua legge». Ad esempio il professor Marco Chinaglia, componente il comitato scientifico del Cur (Centro universitario rodigino) ha tenuto in proposito, giovedì scorso, una relazione ascoltabile in streaming. Io non ho potuto pormi, per ragioni anagrafiche, il problema se frequentare o meno quei «luoghi di piacere», ma successivamente mi furono raccontati episodi curiosi. Per Rovigo passava la mitica competizione automobilistica «Mille Miglia», ma non essendo certa l’ora notturna dell’arrivo delle vetture, per ingannare l’attesa, molti spettatori si recavano nell’unica locale «casa» e, per riuscire a contemperare sesso e sport, si mettevano in fila con i pantaloni abbassati, pronti — in rapida successione — a consumare un rapporto carnale, con una sorta di «staffetta del sesso». A Padova, invece, vi era una «casa» più raffinata, denominata «La zia», ove ricevevano «il battesimo del piacere» le matricole universitarie, tra cui un mio simpatico amico — che successivamente fece una brillante carriera — al quale la tenutaria chiese: «Bello, cosa facciamo?» (riferendosi evidentemente alla scelta d’amore mercenario) e lui rispose, suscitando l’ilarità generale: «Il primo anno d’università!». Altro amico mi confidò che, per discrezione, si recava la domenica a Bologna: prima per il sesso «mercenario» poi per la messa a San Petronio, previa confessione del peccato commesso, ritenendo così — prendendo in prestito le parole della canzone di De Andrè, «Bocca di rosa» — di conciliare «l’amore sacro e l’amor profano». Persino quello che è ritenuto il giornalista «number one», Indro Montanelli, dedicò alle «Case estinte» un nostalgico pamphlet dal titolo «Addio Wanda». Ritengo che oggi in Italia «Case» ufficializzate non avrebbero successo, gli appassionati del settore non vogliono essere identificati.