Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I videogiochi d’azione possono risolvere dislessia e disturbi del linguaggio nei bambini
La ricerca del Bo su 120 piccoli pazienti: «Stimolano le abilità dell’attenzione»
Con buona pace di chi li demonizza a priori, accusandoli di essere diseducativi: l’università di Padova è la coordinatrice (al pari di quella di Bergamo) di uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori appartenenti a sette diverse realtà — tra cui anche l’université Paris Cité — grazie al quale è stato dimostrato che i videogiochi d’azione risolvono il disturbo del linguaggio nei bambini a rischio dislessia. Diverse ricerche avevano già dimostrato come nei bimbi affetti da tale disturbo la velocità di lettura possa migliorare in seguito a un trattamento riabilitativo con videogame che stimolano le abilità dell’attenzione, rendendo così meno difficoltosa la percezione dei
suoni del linguaggio (ovvero i fonemi), considerati la principale causa della dislessia evolutiva. Con questo studio i ricercatori hanno provato sul campo che effettivamente i videogiochi d’azione — in questo caso Space Invaders Extre
me 2, in cui bisogna evitare che le navicelle spaziali nemiche riescano a conquistare il proprio pianeta — possono migliorare la comprensione dei fonemi. Spiega in merito la dottoressa Sara Bertoni dell’università di Bergamo, primo autore della ricerca: «Questo studio ha coinvolto 120 bambini dell’ultimo anno della scuola materna, un sottogruppo dei quali presentava difficoltà nei prerequisiti della letto-scrittura e quindi erano a rischio per una futura dislessia. I risultati dimostrano che con solo venti sessioni con un videogioco d’azione da 45 minuti ciascuna si annullano specificatamente i disturbi nella percezione dei fonemi». Il professor Andrea Facoetti del dipartimento di Psicologia Generale del Bo, coordinatore della ricerca, evidenzia invece come questi risultati «rivoluzionino le attuali conoscenze sulla dislessia: con il gioco, che abbiamo reso più divertente per i bambini dicendo loro che impersonavano il sistema immunitario che doveva sconfiggere i batteri che volevano infettare una fantomatica ferita, abbiamo dimostrato che si stimolano circuiti multisensoriali con benefici a livello di attenzione». La maggior parte dei bambini presentava notevoli miglioramenti nelle percezione dei fonemi: questi progressi, infatti, risultavano più del doppio di quelli ottenuti dopo il trattamento linguistico tradizionale e perduravano a distanza di sei mesi dalla fine del trattamento. «Questi risultati — concludono gli autori dello studio — sono cruciali per futuri programmi di prevenzione dei disturbi del neurosviluppo».