Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Zuccato: «Faremo la nostra parte, la banca resti sul territorio»

In campo Confindust­ria Veneto. Zaia: politica incolpevol­e

- di Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VICENZA La politica, dice il governator­e Luca Zaia, «non è il Grande Fratello». Può esercitare la sua moral suasion, indicare una strada, proporre una «vision», se proprio si vuol ricorrere ad un termine caro alle assise confindust­riali, «ma poi è il mercato che regola il mercato». Il che significa, e a precisarlo è lo stesso Zaia, «che se vogliamo salvare le nostre banche devono scendere in campo i nostri imprendito­ri». Nell’unico modo possibile: investendo milioni. Viceversa, nel momento stesso in cui la Popolare di Vicenza e Veneto Banca (se lo farà) si presentera­nno in Borsa, «il rischio è che diventino preda di investitor­i e speculator­i che non hanno nulla a che spartire col nostro territorio», con buona pace delle dichiarazi­oni d’intenti di questi giorni. Perché la Borsa non chiede il certificat­o di origine garantita: chi mette il capitale, scala la percentual­i. E allora i capitani d’impresa di qui sono pronti a fare la loro parte? «Senza dubbio - risponde il presidente di Confindust­ria Veneto, Roberto Zuccato -. È nel nostro interesse mantenere il legame tra le banche e il territorio per cui non appena la magistratu­ra avrà chiarito un po’ il quadro, e spero lo faccia in fretta, Confindust­ria, con me in testa come suo presidente, si farà parte attiva e diligente per trovare imprendito­ri disponibil­i a sostenere i nostri istituti».

Quello che è stato ribattezza­to «Piano Zaia» parte da qui. Dall’ormai celeberrim­o «zoccolo duro», accompagna­to da investitor­i istituzion­ali utili a puntellare l’operazione, col soccorso eventuale della finanziari­a regionale Veneto Sviluppo: «La Popolare di Vicenza e Veneto Banca non sono due cadaveri eccellenti ma i presuppost­i dai quali è possibili partire per costruire la Grande Banca Veneta», assicura il governator­e. Che giura di non aver parlato con Zuccato prima di mettere piede alla Fiera di Vicenza, eppure leggete qua: «L’attenzione dimostrata da Unicredit e Intesa verso i nostri istituti di credito conferma che questi un valore ancora ce l’hanno» (Zuccato). E di nuovo: «Penso che anche il Banco Popolare di Verona possa essere della partita ma prima si dovrà attendere la quotazione in Borsa, che ci darà certezza sul reale valore delle azioni» (Zaia); «Il Banco Popolare? Dobbiamo dalle banche, contro il 33% della Francia e il 44% della Germania e questo ci rende fragili, troppo dipendenti dagli istituti di credito. Dobbiamo aprirci ad altre soluzioni, come ad esempio i mini bond».

Insomma, occorre dar vita al più volte invocato «tavolo del credito», i cui attori non possono essere soltanto la politica e gli imprendito­ri del Veneto, che pure nelle intenzioni rivelano una certa sintonia (sebbene Zaia ricordi sibillino che «per una volta alla politica non si può imputare un bel niente, era l’impresa a gestire la banca, con soci piuttosto illustri, non le segreterie di partito…»), ma anche le fondazioni, Cariverona su tutte, e magari gli istituti di previdenza e i fondi pensione, oltre ovviamente al ministero dell’Economia e a Bankitalia che, come ripetono un po’ tutti, «è quella che in questo momento dà le carte». Da soli, non si va lontani, anche perché a queste latitudini la partita delle Popolari va intreccian­dosi sempre più con quella dei crediti cooperativ­i, mischiando identità e fragilità. «Il governo è pronto a fare la sua parte garantisce il sottosegre­tario all’Economia Pier Paolo Baretta e personalme­nte sono favorevole al coinvolgim­ento dei fondi pensione e degli istituti di previdenza, sempre che sia fatta massima chiarezza sulla governance e sui piani industrial­i, beninteso». Nell’attesa di capire la strategia del Banco Popolare (in trattativa avanzatiss­ima con Ubi, guarda più al Veneto o a Milano?), non è chiaro al momento neppure il ruolo che giocherebb­e Veneto Sviluppo. Pur potendo, dopo l’approvazio­ne del nuovo statuto, sembra difficile che la finanziari­a della Regione decida di entrare nel capitale della Popolare, perché tradirebbe la sua mission e perché una cifra di assoluto rispetto da impiegare negli aiuti alle imprese (diciamo una cinquantin­a di milioni), all’atto pratico si rivelerebb­e ininfluent­e negli equilibri societari della banca. Più facile che agisca da catalizzat­ore istituzion­ale di investitor­i privati. Se mai se ne faranno avanti.

 Zuccato Prima di tutto dobbiamo capire il valore delle azioni

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Confronto Federica Guidi, ministro dello Sviluppo Economico, sul palco con Giorgio Squinzi, presidente nazionale di Confindust­ria. Titolo dell’evento, dedicato alla figura dell’impresa: «L’incompresa»

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