Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Rosso: «L’inchiesta? Spiace che accada nella nostra regione»
VICENZA Il caso di Popolare di Vicenza? «Spiace che queste cose succedano da noi in Veneto». Uno choc, quasi una macchia sul curriculum del Nordest. Renzo Rosso, patron di Diesel, la vive così l’inchiesta giudiziaria piovuta come un ciclone sulla Popolare, in cui i rapporti con i soci erano già stati quasi azzerati dalla svalutazione delle azioni. La sua linea la detta di corsa entrando all’assemblea degli industriali, prima di salire sul palco dove parla della difficoltà di cacciare i manager che non sono all’altezza, ma anche di un’Italia in cui si mantiene il posto a vita. E poi ancora della scuola e degli insegnanti: «Perché un operaio deve lavorare 40 ore alla settimana e un insegnante venti? Va bene ma almeno che le altre venti le passino ad aggiornarsi. Il modo di insegnare è rimasto vecchio, distante dalla tecnologia: telefonini e social hanno cambiato il mondo». Poi torna alla banca, una volta finita l’assemblea. «Io ero socio di Popolare ma ne sono uscito due-tre anni fa, perché non credevo al modo in cui facevano il prezzo: fatta a quel modo non è un valore vero, è fittizio». Per lui la soluzione alla crisi non può che essere in linea con un’azienda ormai globale. Così la stroncatura all’idea di una banca veneta è totale: «Le banche devono essere globali, quella soluzione non ha senso. Se fossi in loro mi alleerei con una grande banca internazionale, con strutture di presenza globali». E l’aumento di capitale? «Non sono socio - mette le mani avanti Rosso, che poi però corregge un po’ il tiro - Vedremo, in fondo perché no. Ma le valutazioni non le faccio io, ma i miei uomini che seguono la finanza: io non me ne intendo». (f.n.)