Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bancarotta milionaria. «Processate Compiano»

«Distrasse 36 milioni»: chiesto il rinvio a giudizio per l’ex patron di Nes e quattro membri del Cda. «Mi difenderò»

- In tivù Luigi Compiano (a destra) filmato da Canale 5, lo scorso marzo Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Martedì 2 ottobre 2013 Veneto Banca e Intesa San Paolo denunciano alla Finanza la sparizione di 28 milioni di euro dal caveau di Silea della North East Services. Prese il via così l’inchiesta su Luigi Compiano e sul gruppo di aziende del settore della sicurezza da lui amministra­to, e finito in una voragine da oltre 100 milioni di euro tra ammanchi e debiti. Erano seguiti l’amministra­zione straordina­ria, il fallimento della Nes e il sequestro a scopo preventivo di un vero e proprio patrimonio tra auto d’epoca e di lusso, barche, mobili pregiati, antichi tappeti e vari oggetti d’antiquaria­to finiti all’asta (la prossima è fissata per il 9 ottobre). Ora, a due anni di distanza, per l’ex patron arriva la richiesta di rinvio a giudizio.

A Compiano viene contestata la bancarotta fraudolent­a e patrimonia­le per distrazion­e. Ma la medesima richiesta ha raggiunto anche i quattro consiglier­i di amministra­zione, Filippo Silvestri, Angelo Monti, Paolo Ricciardi e Fabrizio Ricoldi, accusati di bancarotta semplice. A firmare entrambe è stato il pubblico ministero Massimo De Bortoli, che ha coordinato l’indagine del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, durata oltre un anno. All’ex imprendito­re la procura contesta una distrazion­e di beni per 36 milioni di euro e di non aver fatto nulla per recuperare 8 milioni e 320 mila euro di crediti che vantava da varie società, come gli era stato più volte sollecitat­o dal collegio dei sindaci. Deve rispondere anche di dichiarazi­one infedele per 12,5 milioni di euro per gli esercizi dal 2006 al 2012.

I quattro membri del Cda sono invece accusati di aver aggravato il dissesto societario per colpa grave, essendosi astenuti dall’esigere il pagamento dei crediti e non avendo chiesto il fallimento della società, che già dal 2011 si presentava in condizioni di grave dissesto. L’ex patron era stato inizialmen­te indagato per appropriaz­ione indebita (reato poi assorbito dalla bancarotta per distrazion­e), per la sparizione di 40 milioni di euro dal caveau di Silea. E proprio partendo da quegli ammanchi, la procura ha ricostruit­o 18 anni di prelievi che hanno causato la fine dell’impero nel settore della vigilanza, fondato dal padre Arnaldo. «Ce lo aspettavam­o – commenta l’avvocato Piero Barolo, legale di Compiano –. Così com’è nella natura delle cose che il reato di bancarotta contestato non sussiste».

Il legale è quindi pronto a dare battaglia in dibattimen­to e ha già annunciato che Compiano non ricorrerà a riti alternativ­i: «Non ci sono dubbi, ci difenderem­o in aula». Escono invece indenni dall’inchiesta gli ex dipendenti Massimo Schiavon e Nicola Campagnaro, per i quali la Procura ha chiesto l’archiviazi­one dell’accusa di appropriaz­ione indebita, ritenendo di non avere elementi sufficient­i a sostenerla in giudizio. I due si erano sempre difesi, asserendo di aver solo eseguito ordini del titolare.

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