Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Popolari, le strade per uscire dalla crisi
Gli ostacoli alla fusione e al polo veneto, le ipotesi di percorsi separati. Ma i tempi stringono
VICENZA Il governatore Luca Zaia ripropone il polo bancario veneto Vicenza-Veneto Banca e chiede la discesa in campo degli imprenditori negli aumenti di capitale. Il leader di Confindustria Veneto, Roberto Zuccato, si dice pronto a far la sua parte, insieme al collega vicentino Giuseppe Zigliotto, che prova a metter insieme gli imprenditori intorno all’aumento di capitale Bpvi. L’amministratore delegato di Vicenza, Francesco Iorio che gela però le attese di una revisione dello schema, per renderlo più favorevole ai vecchi soci, e conferma che la ricapitalizzazione non potrà che passare per il mercato, un attimo prima della Borsa, entro aprile 2016.
Vive giorni decisivi la partita delle popolari venete. E a una settimana dallo choc delle perquisizioni della Finanza in Popolare di Vicenza, le posizioni in campo sono state stese sul tavolo l’altro giorno all’assemblea di Confindustria Vicenza. Posizioni che vanno ricombinate per leggerci la prospettiva dei prossimi mesi. E per capire quali possibilità abbia anche il polo bancario veneto rilanciato da Zaia. Più un sasso nello stagno, per vedere se mette in moto una reazione sugli aumenti di capitale per salvare Vicenza, e nel caso anche Montebelluna, evitando lo «scippo» per inerzia delle banche, che un piano preciso. Che avrebbe poche possibilità oggi di passare.
Da tempo è acquisito che Bce ha a messo una croce sopra la fusione Bpvi-Veneto Banca. Il quadro desolante delle semestrali di fine agosto, dopo le perdite 2014 e le svalutazioni in parallelo del 23% delle azioni in primavera (968 milioni il «rosso» e azioni da 40,75 a 30,5 euro per Veneto Banca, 758 milioni il «rosso» di Vicenza, con azioni da 62,5 a 48 euro) dice che non si può fare: Montebelluna accumula altri 213 milioni di perdita e a Vicenza deflagra la crisi di Bpvi, con un miliardo di perdita e 600 milioni di patrimonio sterilizzato dopo la scoperta da parte di Bce degli aumenti di capitale finanziati dalla banca per 975 milioni.
E poi c’è il disallineamento delle partite. Mentre Bpvi deve rimettersi in sesto da sola, per Veneto Banca l’opzione di una fusione resta la prima scelta. La discussione pare ai passaggi decisivi con il Banco Popolare. «Se ci saranno novità positive ci saranno presto», aveva detto la scorsa settimana l’Ad del Banco, Pierfrancesco Saviotti in un road show con gli imprenditori a Treviso. I tempi imposti da Bce sono stretti: si dovrebbe capire presto se i contatti preliminari sfoceranno in una trattativa vera per una fusione da proporre a novembre ai soci di Veneto Banca nell’assemblea per la spa. O se la distanza sul prezzo resterà tale da spingere anche Montebelluna all’aumento e in Borsa.
Nella prima prospettiva il polo veneto non potrebbe che tradursi nel Banco che, dopo aver aggregato Veneto Banca, guarderà magari anche a Vicenza nei prossimi anni. Magari, chissà, passando prima per una fusione con Ubi, che rafforzerebbe la superpopolare. Scenari teorici, per ora. Come il secondo, quello di un ritorno dell’ipotesi Vicenza-Montebelluna magari fra un anno o più, che potrebbe riproporsi se le banche restassero autonome, facendo aumenti di capitale e quotazioni, e recuperassero equilibrio sui conti. Prospettiva che dovrà comunque fare i conti con due banche cambiate radicalmente, tra trasformazioni in spa e aumenti di capitale che potrebbero creare assetti proprietari e di governo del tutto diversi rispetto a ora. E magari disinteressati a fusioni nella logica del polo veneto.
Per intanto il primo passo, nel caso di Vicenza, resta l’aumento di capitale. Dopo il piano industriale che sarà varato oggi, Iorio potrebbe aprire il dialogo con i grandi soci. Sia per provare a disinnescare la mina delle azioni acquistate con i finanziamenti della banca; sia per verificare l’interesse all’aumento. E qui potrebbero tornar buone le azioni promesse sia da Zuccato che da Zigliotto. Il presidente di Confindustria Vicenza, indagato nell’inchiesta, dopo il via libera incassato dall’assemblea l’altro ieri, passata senza contestazioni, resterà leader degli industriali; mentre tornano possibili le dimissioni dal cda della banca, nell’arco di un mese. Un modo anche per mettere pressione sul presidente di Bpvi, Gianni Zonin, con cui Zigliotto è in rotta da tempo, costruendo comunque un ruolo in prospettiva, con il lavoro dall’esterno nel tentativo di coagulare gli imprenditori intorno alla banca.
Il tutto al netto delle novità che l’inchiesta potrebbe ancora riservare, visto che un allargamento è considerato scontato. E poi va considerata anche la relazione finale di Bce e Bankitalia, dopo l’ispezione terminata a luglio. Che potrebbe definire più chiaramente le responsabilità e dettare anche passi indietro vincolanti ai vertici della popolare, tali da scuotere il fragile equilibrio di questi giorni in banca.