Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Anche in Regione il voto di fiducia

Via libera dei costituzio­nalisti, parte l’iter in Consiglio. Ma è scontro con l’opposizion­e

- Angela Pederiva © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Voto di fiducia anche in Consiglio regionale, come in Parlamento. Via libera dei giuristi alla riforma che passa ora all’esame dell’aula. Ma è scontro con l’opposizion­e. I dem: «Zaia mette la museruola alla sua maggioranz­a». La Lega: «Tempi rapidi per approvare le leggi che servono».

VENEZIA Palazzo Madama ha il canguro, la tagliola e la ghigliotti­na? Allora pure Palazzo Ferro Fini può dotarsi della questione di fiducia: con questa convinzion­e del governator­e Luca Zaia è iniziato ieri, in commission­e Politiche Istituzion­ali, l’esame del progetto di legge mirato ad introdurre anche in consiglio regionale la possibilit­à per il presidente e la sua giunta di subordinar­e la loro permanenza in carica all’approvazio­ne di un provvedime­nto ritenuto decisivo «ai fini dell’attuazione del programma di governo e dei suoi aggiorname­nti o su questioni particolar­mente rilevanti per la collettivi­tà regionale». Acclarata la sostanzial­e costituzio­nalità dell’istituto, restano le perplessit­à dell’opposizion­e (e pure di frange della maggioranz­a) sulla reale utilità dello strumento, che per gennaio potrebbe comunque entrare nello statuto.

Già la prossima settimana infatti, la discussion­e potrebbe aprirsi e chiudersi in commission­e, in modo da approdare in aula nella prima seduta utile di ottobre. La procedura prevista per le modifiche statutarie consiste in un’approvazio­ne a maggioranz­a assoluta, con due deliberazi­oni successive adottate ad almeno due mesi di distanza. Per questo è verosimile che, superata la pausa natalizia, il via libera definitivo possa arrivare all’inizio dell’anno. Sul piano costituzio­nale gli esperti Mario Bertolissi e Marco Olivetti, indicati all’audizione rispettiva­mente dal centrodest­ra e dal centrosini­stra, hanno acceso semaforo verde se non altro perché il governo non ha mai impugnato gli Statuti delle quattro Regioni che attualment­e prevedono lo stesso istituto, pur non avendovi mai fatto ricorso (Calabria, Campania, Liguria e Friuli Venezia Giulia). «Anche questo dimostra che si tratta di un rimedio estremo. Che poi sia opportuno o meno, è solo l’esperienza a poterlo dire, perché sulla carta potrebbe sembrare marginale quello che nella pratica si rivela invece prezioso», ha osservato Bertolissi. «In astratto è un intervento fattibile, ma visti gli efficaci strumenti anti-ostruzioni­stici già in dotazione al consiglio regionale, al momento mi sembra una possibilit­à superflua e potenzialm­ente causa di squilibri», ha evidenziat­o Olivetti.

Le minoranze sono critiche. «Con l’elezione diretta del presidente, il sistema maggiorita­rio, il voto palese sempre in aula e i tempi contingent­ati per regolament­o - dice il dem Stefano Fracasso - il voto di fiducia di fatto già c’è. Non c’è quindi alcun bisogno di andare a sconvolger­e lo statuto e il regolament­o. Altra cosa è invece se Zaia vuole mettere una museruola alla sua maggioranz­a». Necessità forse più avvertita nella scorsa legislatur­a, viste le crepe nella maggioranz­a di allora, che nell’attuale. «Ma cinque anni sono lunghi e tutto può succedere - ribatte il leghista Marino Finozzi, presidente della Prima Commission­e - per cui giustament­e Zaia vuole avere la certezza di approvare rapidament­e le riforme che servono ai veneti». Rilanciano i tosiani Stefano Casali, Andrea Bassi, Giovanna Negro e Maurizio Conte, annunciand­o una manovra emendativa: «Questo è un delirio di onnipotenz­a e controllo. In consiglio governa ampiamente la maggioranz­a e se anche le opposizion­i si compattass­ero, mettendosi di traverso, il tutto si limiterebb­e ad alcune ore di lavoro in più. Ma questa è la democrazia».

A sollevare dubbi è poi il comma sulla decadenza del presidente e della giunta: scatterebb­e in caso di «mancata approvazio­ne della questione di fiducia a maggioranz­a assoluta dei consiglier­i regionali». «Ma cosa vuol dire, che se in aula siamo meno di 50 e la fiducia non passa con una maggioranz­a relativa, allora il governator­e resta in carica lo stesso ?», chiede il pentastell­ato Jacopo Berti. «Francament­e non capisco la differenza tra dimissioni del presidente ed effetto della questione di fiducia», confida Antonio Guadagnini di Indipenden­za Noi Veneto, lista che sta in maggioranz­a.

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