Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Stop a migliaia di protesi mammarie «Non sono a norma, analisi in atto»
Comprate con gara regionale. «Nessun rischio per le pazienti»
VENEZIA Nemmeno il tempo di aggiudicare la gara regionale indetta lo scorso giugno e vinta dalla brasiliana Silimed e il ministero della Salute blocca l’utilizzo dei dispositivi appena comprati per tutti gli ospedali veneti. Nel mirino le protesi mammarie impiegate nella chirurgia estetica ma soprattutto nella ricostruzione del seno dopo interventi demolitivi legati a gravi patologie. L’Autorità centrale per la salute tedesca, quest’anno deputata a valutare la qualità dei prodotti sanitari in distribuzione in Europa (l’ente certificatore cambia ogni anno) ha sospeso temporaneamente il certificato Ce alla Silimed perché i test hanno «evidenziato la presenza di residui di materiale non previsto sulla superficie di alcuni prodotti». «Ciò non garantisce la conformità dei dispositivi medici come richiesto dalla direttiva europea», sancisce l’ente. E quindi viene «congelato» l’impiego di alcuni articoli, tra cui gli impianti di silicone per la Chirurgia plastica (impianti mammari, pettorali, dei glutei, facciali, del naso, per la chirurgia della mano e del polpaccio), per l’Urologia, per la Chirurgia generale, oltre a bendaggi gastrici e palloncini.
In attesa degli esiti dei controlli a campione già avviati, il ministero della Salute ha emanato una circolare alle Regioni in cui raccomanda, a scopo precauzionale, che tali dispositivi «non vengano impiantati fino a ulteriori avvisi», benché «ad oggi non sussistano evidenze che possano far ritenere l’esistenza di rischi per la sicurezza dei pazienti impiantati». «Non appena ricevuta la comunicazione dal ministero, ne abbiamo informato le aziende sanitarie — comunica la Regione — tutti i dispositivi in questione sono stati immediatamente bloccati. Ne è stato vietato ogni tipo di utilizzo. Si precisa che il ministero, nella circolare di quarantena, ha comunicato di non ritenere al momento di intraprendere alcuna azione sui pazienti impiantati, perché non corrono rischi». «E infatti le donne sulle quali le protesi Silimed sono state impiantate non saranno rioperate per la sostituzione delle stesse — rassicura Ermanno Angonese, direttore generale dell’Usl 6 di Vicenza —. Noi le usiamo da anni, da molto prima della gara regionale, e non hanno mai creato problemi. Non ci sono mai pervenute lamentele, ma in questo momento per non bloccare l’attività utilizzeremo i dispositivi di un’altra marca». I chirurghi sono in linea. Spiega il professor Franco Bassetto, direttore della Chirurgia plastica dell’Azienda ospedaliera di Padova, che impianta circa 400 protesi mammarie all’anno solo per la ricostruzione del seno: «Le Silimed sono prodotti di altissima qualità, commercializzati dalla terza azienda di settore migliore al mondo. Non è in dubbio la loro composizione nè la resa. La vicenda nasce perché quest’anno l’ente che controlla il certificato Ce ha alzato il range di alcuni parametri perciò la stessa azienda produttrice, molto seria, ha deciso di bloccare preventivamente la distribuzione in Europa delle protesi finché non si adeguerà ai nuovi paletti. Noi avevamo in lista quattro pazienti, che opereremo ricorrendo a protesi americane». Va ricordato che il Veneto è la seconda regione, dopo la Lombardia, per quantità di merce acquistata dalla Silimed.
In queste ore «l’allarme protesi brasiliane» ha riportato alla mente l’incubo delle valvole cardiache tredici anni fa responsabili di diverse vittime tra Padova e Torino, ma anche il «caso Pip». Ovvero le protesi mammarie francesi finite sotto inchiesta nel 2010 in tutta Europa perché difettose: perdevano silicone e le pazienti sulle quali erano state impiantate furono rioperate tutte.