Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Profughi, 60 parrocchie pronte ad accoglierli
I preti della Marca raccolgono l’appello del Papa. Ma il prefetto: nuova ondata, servono altre strutture
TREVISO (a.belt.) Le parrocchie aprono le porte ai profughi. Il calcolo è ancora approssimativo, ma sarebbero già una sessantina le parrocchie trevigiane che nei prossimi mesi, accogliendo l’invito di Papa Francesco, daranno ospitalità ai richiedenti asilo arrivati in questi mesi nella nostra provincia. Sono infatti 12, secondo quanto anticipato dalle Caritas, le «Collaborazioni pastorali», ovvero i gruppi da tre a sette parrocchie che operano in sinergia, che hanno dato disponibilità a partecipare agli incontri e ai corsi di formazione della Caritas per studiare possibili forme di accoglienza, per confrontarsi sul modello del progetto della Cei «Rifugiato a casa mia», e per apprendere tutte le normative italiane sull’immigrazione, la richiesta d’asilo e la protezione internazionale. I primi ospiti potrebbero trovare dimora «sotto un campanile» già da novembre. A rispondere all’appello del Papa e dello stesso vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin anche due comunità religiose della diocesi e una decina di famiglie, che mercoledì 14 ottobre inizieranno un corso di 4 incontri, ai quali parteciperanno anche i referenti parrocchiali, alla Casa della Carità. L’assistenza, diversamente dai bandi della Prefettura che attingono a contributi statali, verrà garantita con degli stanziamenti della Cei provenienti dall’otto per mille, pari a circa 300 euro al mese per ciascun migrante. «Il corso stesso – ha spiegato Erika Della Bella, di Caritas Tarvisina – può essere un’occasione. Le parrocchie e i referenti delle Collaborazioni pastorali continuano a telefonarci e a chiedere di incontrarci, ed è molto bella questa apertura». Nei prossimi giorni intanto sono attesi nuovi arrivi di richiedenti asilo nella Marca. «I numeri sono sempre in aumento – ha detto il prefetto Laura Lega – ed è necessario reperire con urgenza strutture in grado di garantire un’accoglienza vera. Bisogna che i comuni ci aiutino, altrimenti saremo costretti a cercare altri siti, anche di grosse dimensioni, anche se non è nostra intenzione dover ricorrere a questa soluzione».