Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Profughi, quote ancora al rialzo «E ora restano»
La fine dell’estate non rallenta i flussi, urgono nuovi siti per l’accoglienza. La Prefettura di Venezia: «Non se ne vanno più»
I conteggi Gli stranieri smistati nelle varie strutture di accoglienza oggi sono 8.612
VENEZIA Quasi 600 profughi accolti tra il 19 e il 23 settembre, altri 50 lunedì ma non c’è giorno che Roma non comunichi nuovi arrivi. Solo alla neonata città metropolitana di Venezia la Prefettura ha chiesto altri 200 posti letto. «Gli arrivi continuano», hanno detto ieri i funzionari del governo alla riunione della Cabina di regia lagunare, a cui di 44 Comuni solo 8 hanno partecipato. «Alcuni profughi vanno via ma molti ora si fermano e vanno trovati con urgenza luoghi per l’accoglienza», ha spiegato la Prefettura agli otto tra sindaci e assessori presenti.
In passato, finita l’estate, i numeri degli sbarchi diminuivano ma oggi l’emergenza internazionale è sempre più seria, tanto che le quote individuate dal ministero all’Interno per ogni regione sono modificate di settimana in settimana. Solo un mese fa, al vertice regionale del 3 settembre, al Veneto risultavano assegnati 7.890 profughi a fronte di 6.503 presenze nel territorio. Oggi invece siamo a 8.612 e nelle varie strutture d’accoglienza ci sono 6.795 richiedenti asilo. Ma c’è di più: l’arrivo del freddo, le frontiere già chiuse ai confini dell’Europa orientale e le minacce di molti paesi di bloccare Schengen complicano la situazione. «A breve sarà pubblicato un nuovo bando per trovare strutture - ha spiegato il sindaco di Eraclea Giorgio Talon -, qui da noi il turn over è scarso, non abbiamo buoni rapporti con la cooperativa che si occupa del residence Mimose ma abbiamo l’impressione che stiamo assistendo a un fallimento nella gestione dell’emergenza». Stando alla suddivisione ufficiale delle quote (un profugo ogni mille abitanti) a Eraclea nel Veneziano dovrebbero esserci 13 profughi, invece ce ne sono 300 per la Prefettura e addirittura 450 per il Comune. «A Cona (sempre Venezia, ndr) non dovremmo averne proprio ma in ingresso abbiamo avuto 755 profughi, ora probabilmente sono 280 ma non siamo certi - ha detto il sindaco Alberto Panfilio -. Oggi (ieri, ndr) ne sono arrivati altri 33: è così ogni giorno, ci sentiamo abbandonati da tutti». Cona ed Eraclea, insieme alla caserma Serena nel Trevigiano e alla Prandina a Padova, sono, per i due sindaci, il simbolo del flop dell’accoglienza diffusa.
Ma gli arrivi in Veneto non si fermano anche se non sembrano esserci più spazi dove ospitare i profughi. Le parrocchie venete, dopo l’appello all’accoglienza di papa Francesco, si sono mobilitate ma anche il loro apporto (tra i 30 e i 50 posti letto per diocesi) non basta. La Prefettura di Venezia ha proposto ai sindaci di firmare un protocollo d’intesa sull’accoglienza diffusa, nel Vicentino e nel Padovano una ventina di amministrazioni lo ha sottoscritto ma si tratta di casi isolati e senza una risposta unanime l’accordo rischia di rimanere lettera morta. A Venezia, ad esempio, nessuno ha aderito. «Ogni sindaco decide di fare quello che vuole - ha commentato Maria Rosa Pavanello, presidente di Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e sindaco di Mirano (Venezia) -. Credo però che non ci sia ancora il clima per arrivare alla firma dei protocollo, proprio perché i Comuni più appesantiti dalla presenza dei profughi, come Cona ed Eraclea, non hanno ancora visto soddisfatta la loro richiesta di attuare un’accoglienza diffusa».