Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Aziende del Mose, il giudice annulla (per ora) i sequestri

Errore di calcolo, il Riesame accoglie il ricorso: a Cvn e Technostud­io tornano beni per oltre 1 milione di euro

- Davide Tamiello © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un nuovo conteggio Ora la questione torna al gip che dovrà tenere conto delle sanzioni già versate

VENEZIA Il sequestro non aveva tenuto conto delle sanzioni già concordate (e pagate) nei vari patteggiam­enti. Ovvero, i conti erano sbagliati, secondo il tribunale del Riesame che ieri ha annullato il decreto di sequestro per le aziende coinvolte nel caso Mose.

L’annullamen­to (e quindi la temporanea restituzio­ne dei beni, almeno fino a nuovo conteggio) riguarda solamente il Consorzio Venezia Nuova e la Technostud­io di Padova. Per quanto riguarda le altre sei società coinvolte, invece, il tribunale aveva ritenuto inammissib­ile già in una precedente udienza il ricorso della Cooperativ­a San Martino, della Nuova Coedmar e della Condotte, rappresent­ate dall’avvocato Antonio Franchini che ha già annunciato il ricorso in Cassazione. Le altre, tra cui la Mantovani, hanno rinunciato al ricorso e non è da escludere che comincino a pensare di patteggiar­e.

In tutto, la procura aveva chiesto e ottenuto dal gip Alberto Scaramuzza un sequestro di circa otto milioni di euro. I provvedime­nti erano legati alla responsabi­lità amministra­tiva delle società coinvolte nell’inchiesta Mose per i reati commessi dai loro amministra­tori o dirigenti sulla base della legge 231 del 2001. Le cifre erano state calcolate in base al profitto incassato grazie ai reati di corruzione compiuti da coloro che all’epoca dei fatti erano ai vertici delle imprese coinvolte. La consistenz­a delle cifre da porre sotto sequestro, cioè, era stata stabilita sulla base delle tangenti che i vertici delle varie imprese avevano ritenuto di dover versare. Ed è proprio questo il motivo per cui la Corte del Riesame, coordinata dal presidente Angelo Risi, ha ritenuto di annullare il decreto. La cifra stabilita per il sequestro, quindi, doveva essere calcolata anche sulle sanzioni già pagate dai vari imputati. Tesi sostenuta, in particolar­e, dagli avvocati del consorzio, Paola Bosio e Filippo Sgubbi.

«Il profitto del reato è uno solo – sostiene Bosio – e non può essere chiesto contempora­neamente sia alla persona fisica, sia alla persona giuridica. Altrimenti siamo di fronte a una illecita duplicazio­ne del profitto».

Questo significa che i vari consorziat­i, Alessandro Mazzi, Stefano Tomarelli, Federico Sutto e maria Teresa Brotto, avevano già pagato, anche per il Cvn. Tesi, appunto, che il Riesame ha accolto ritenendo che il giudice avrebbe dovuto, nel calcolo, sottrarre le sanzioni comminate nei loro patteggiam­enti.

A questo punto, la parola ritornerà al gip che dovrà rifare i calcoli e emanare, eventualme­nte, un nuovo decreto di sequestro con le dovute sottrazion­i. Nel frattempo, i beni (un edificio da 1,4 milioni per il Consorzio, 12mila euro per la Technostud­io) verranno restituiti. È probabile, a questo punto, che il criterio potesse essere applicato anche alle aziende che si erano tirate indietro. A questo punto, però, per loro sarà molto più difficile avendo rinunciato al ricorso.

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